La sparatoria nella scuola superiore di Parkland in Florida, in cui sono morti 17 ragazzi, ha provocato una reazione immediata e netta da parte degli studenti sopravvissuti, che ora vogliono leggi più severe sul controllo delle armi e hanno organizzato due manifestazioni sul tema: una per il 20 aprile, anniversario della strage nella Columbine High School in Colorado, e una a Washington per il 24 marzo, che avrà il nome di March for Our Lives, Marcia per le Nostre Vite.
Ragazzi e adulti manifesteranno, dicono gli organizzatori, non solo a Washington, per chiedere ai politici eletti di «porre fine a questa epidemia di sparatorie nelle scuole».

MOLTI DEI RAGAZZI che organizzano la priotesta non hanno neanche l’età per votare, tuttavia rilasciano dichiarazioni pubbliche e si ritrovano ad avere la leadership politica nel dibattito nazionale sulla violenza armata. David Hogg, che frequenta l’ultimo anno della scuola di Parkland, ha registrato un video con le reazioni degli studenti durante e dopo il mass shooting e l’ha dato ai giornalisti dicendo: «Questo è il motivo per cui le persone devono essere politicamente attive, deve essere un punto di svolta». Hogg è poi stato duramente attaccato dalla destra statunitense in quanto figlio di un ex agente dell’Fbi: «Il ragazzo sembra essere stato istruito dal padre su come fare l’anti Trump» ha twittato l’ultra conservatore Jim Hoft. Ma ció non è bastato a scoraggiare questo neonato movimento. E la consapevolezza di poter fare la differenza sembra essere condivisa anche dagli studenti delle altre città.

«CI SARÀ UNA MANIFESTAZIONE anche a New York il 24 marzo – dice Isa, 17enne di Brooklyn – ce ne saranno in tutte le città d’America. Qui siamo in uno Stato con leggi serie sul controllo delle armi e difatti ci sono meno morti, i ragazzi qui sono più protetti, ma non può essere lasciato tutto alla fortuna di nascere in uno Stato o in un altro. Dopo tante preghiere doveva arrivare il momento di agire, ed è arrivato con noi».

La convinzione che le manifestazioni possono orientare il corso della Storia è ferma, i ragazzi citano la marcia di Martin Luther King per i diritti degli afro americani che hanno appena studiato, ma anche la Women’s March e il movimento #MeToo, che hanno visto nascere negli ultimi mesi. «Collaboriamo con questi ragazzi per la manifestazione – spiega Beverly, newyorchese attiva nell’organizzazione della Women’s March – ma sono loro il motore. Chiunque cerchi di screditarli è in colpevole malafede».

MOLTI POLITICI hanno cercato di sminuire le richieste di azione sul controllo delle armi che dalla Florida si sono estese alle scuole del resto degli Usa, ma l’onda di dissenso non si placa e il “nemico” resta la National Rifle Association (Nra), la lobby delle armi amica dei repubblicani che per la maggior parte sono sul loro libro delle donazioni e il cui massimo guizzo di buon senso è stato quello di limitare la vendita del congegno che permette ad armi non semiautomatiche di diventarlo, dopo la strage di Las Vegas dove hanno perso la vita centinaia di persone.

A QUESTI RAGAZZI la mossa della Nra evidentemente non è sembrata abbastanza, e l’arma che sanno di possedere è quella del voto. «Semplicemente chi accetta soldi dalla Nra non deve essere votato – dice Isa – non è difficile sapere i loro nomi, sono dati pubblici».

Adesioni alla marcia del 24 marzo continuano ad arrivare. Hanno confermato che ci saranno Chelsea Clinton e George Clooney insieme alla moglie, l’avvocato per i diritti civili Amal Alamuddin, che offrono tutto il loro supporto, anche economico. «La nostra famiglia marcerà al fianco di questa incredibile generazione di giovani da tutto il Paese – ha dichiarato l’attore -. E a nome dei nostri bambini abbiamo deciso di donare 500.000 dollari per aiutarli a finanziare l’evento. Le vite dei nostri figli dipendono da questo».