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Usa, al quarto tentativo la Camera ha un leader

Usa, al quarto tentativo la Camera ha un leader

Stati Uniti Eletto grazie a Trump, Mike Johnson. Il nuovo Speaker è un negazionista elettorale e un oltranzista antiabortista

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 26 ottobre 2023

Dopo tre settimane di caos e paralisi la maggioranza repubblicana è riuscita infine ad eleggere il presidente della Camera. La figura dello speaker è cruciale per il funzionamento della Camera e la carica era rimasta vacante da quando una fronda di ultras trumpisti aveva destituito – per la prima volta nella storia nazionale – il precedente speaker, Kevin McCarthy, che ritenevano troppo disponibile nel concordare un compromesso con Biden sul bilancio.

L’incapacità di trovare un successore a ha in seguito paralizzato il governo, diventando al contempo un simbolo della destabilizzazione introdotta nel sistema dalla politica di era trumpista. Dopo McCarthy, hanno tentato la scalata all’ufficio di speaker Steve Scalise e Jim Jordan, entrambi conservatori estremisti, contrastati però dai moderati. Da lì, la situazione è rapidamente degenerata in quella che i giornali definiscono senza troppa iperbole una guerra civile interna al partito.

DOPO IL FALLIMENTO degli estremisti sono stati via via bruciati una dozzina di candidati tutti bloccati dai moderati o viceversa boicottai dagli oltranzisti. Alcuni nel Gop avevano pubblicamente chiesto che fossero i democratici a sostenere un candidato moderato, ma i Dem si sono limitati a lasciare implodere il partito conservatore sotto il peso della propria disfunzione.

Il nuovo speaker sarà Mike Johnson, un conservatore della corrente trumpista che si è rifiutato a suo tempo di certificare la vittoria di Biden, sostenendo il tentativo di ribaltare l’elezione presidenziale del 2020. Lo stesso Trump che dietro le quinte ha tirato le fila della crisi, ha dato la sua approvazione, dopo aver cassato, il giorno prima, la candidatura di Tom Emmer, il capogruppo repubblicano, reo di non aver sostenuto fino in fondo il suo tentativo eversivo tre anni fa.

La benedizione di Trump ha definitivamente spianato la strada per Johnson, un funzionario di partito sostanzialmente sconosciuto e forse anche per questo senza nemici consolidati che hanno ritenuto di ostacolarlo. La sua elezione conferma l’influenza che Trump mantiene sul partito. Johnson è un negazionista scientifico che esprime rigidità ideologica, l’assalto ai diritti civili ed un culto dello stato minimo che propone l’abolizione di ministeri della pubblica istruzione ed agenzia delle entrate. Inoltre il nuovo leader repubblicano è un integralista anti aborto che in passato ha suggerito che «l’uccisione di feti» destinati a diventare lavoratori americani compromette l’economia.

LA CRISI È STATA una funzione delle spaccature interne al partito oltre che della risicatissima maggioranza repubblicana alla Camera (di soli nove voti), che consente ad una manciata di kamikaze di imporre la propria volontà (basta la perdita di cinque voti per far decadere la maggioranza). Gli irriducibili Maga non hanno dal canto loro alcuna remora nel boicottare all’insegna di proclami sul «drenaggio della palude politica» di Washington e la crociata contro lo «stato profondo» – il tipo di esternazione che genera viralità in una base che acclama intemperanze ed escandescenze più del buon governo. Il funzionamento del governo è dunque sostanzialmente ostaggio di governanti anti-governo.

Spronati da Trump, gli insurrezionisti non accennano a voler abbandonare il loro oltranzismo e dimostrano quotidianamente la difficoltà fisiologica nel convertire le destre populiste in forza di governo. La loro azione evidenzia la crisi dello stesso sistema bipartitico, con la corrente Maga che si comporta di fatto come un terzo partito, simile ai piccoli partiti che in taluni parlamenti europei decidono talvolta le coalizioni di maggioranza.

A FARNE LE SPESE intanto è stata l’operatività stessa di un ramo costituzionale del governo. La Camera ha tra l’altro competenza sulla spesa e quindi l’esecutività di ogni decreto promulgato, incluso lo stesso bilancio per il funzionamento del governo. Senza una Camera funzionante sono bloccati anche i pacchetti di finanziamento militare ad Ucraina ed Israele chiesti da Biden, e l’approvazione del bilancio, senza la quale, il 17 novembre, scatterà un nuovo shutdown, il blocco del governo.

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