Non si ferma l’azione dei docenti torinesi sugli accordi con l’università e le istituzioni accademiche di Israele. I professori, insieme a personale e collettivi studenteschi, uniti con il nome di Coordinamento antifascista universitario, hanno lanciato una raccolta firme per chiedere una mappatura degli accordi con università, istituti e aziende israeliane. «Vogliamo sapere se negli accordi tra università ci sono aziende compromesse con l’apartheid e il massacro in corso a Gaza. Stiamo raccogliendo firme come primo passo per poi arrivare a prese di posizioni più decisive», ha spiegato al manifesto Alessandra Algostino, docente di diritto costituzionale.

Nell’appello si legge: «Si chiede di realizzare una mappatura degli accordi intrattenuti da UniTo suscettibili di violare il diritto internazionale e il principio pacifista della Costituzione, violazione che comporta complicità nel “rischio plausibile” di genocidio ravvisato dalla Corte internazionale di giustizia per quanto compiuto da Israele a Gaza per cui è un’azione che si pone nella prospettiva di tutela dell’ateneo». Un’azione che continua quanto iniziato con la lettera Maeci, l’appello firmato da 1.700 accademici tra cui una sessantina torinesi, con la richiesta di sospensione dell’accordo di cooperazione scientifica tra Israele e Italia, anche a causa del fatto che le bombe israeliane hanno chiuso una dopo l’altra tutte le istituzioni universitarie palestinesi. Lettera che poi aveva portato al voto a fine marzo, grazie a una mozione degli studenti, per la sospensione delle collaborazioni con Israele su nuove ricerche nel campo dell’elettronica dual use, cioè utile a scopo civile e anche militare.

In quell’occasione il senato accademico aveva trovato quasi l’unanimità, con un solo voto contrario. Tutte azioni che i docenti hanno intrapreso, spiegano, «per non rendersi complici della violenza sulla popolazione palestinese di Gaza, un passo perché le università rimangano libere da compromissioni con apparati militari, in coerenza con l’antifascismo come rifiuto di ogni sopraffazione e violenza». «La nostra iniziativa vuole sostenere quanto stanno facendo gli studenti in questi giorni e in queste settimane di protesta», ha aggiunto Algostino riferendosi in particolare a questa settimana che è stata battezzata dai collettivi «l’intifada studentesca», una sette giorni di iniziative, in particolare al Politecnico e a Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, di protesta e in solidarietà con il popolo palestinese.

Il via è stato dato lunedì con le tende fuori dalle università: un’iniziativa già andata in scena in altri atenei italiani che prende ispirazione delle proteste dei campus statunitensi. Dietro ci sono alcuni collettivi che da settimane manifestano in ogni sede per far sentire la voce del popolo palestinese, non da ultimo fuori dal Salone del Libro a cui si è poi aggiunto anche Zerocalcare. Studenti indipendenti, Progetto Palestina, le transfemministe di Non una di Meno e Cambiare Rotta, il collettivo comunista che denuncia: «L’esercito israeliano ha dato inizio all’attacco di Rafah, ignorando completamente le intimazioni dell’Onu».