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Un’inchiesta tira l’altra: è la Mani pulite pugliese

Un’inchiesta tira l’altra: è la Mani pulite pugliese

Cinici e Bari Gli arresti anni dopo le indagini e le elezioni alle porte. Sotto accusa la politica locale: due ordinanze quasi uguali in poche settimane

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 12 aprile 2024

Una Mani pulite pugliese? Bari 2024 come Milano 1992? Il paragone viene evocato da più parti, e in effetti i continui capitomboli giudiziari di questa primavera rimandano non poco alle cronache di trent’anni fa. Così come la sensazione che ad essere sotto inchiesta sia un modo di fare politica. Lo scrive bene, tra gli altri, Gianfranco Rotondi sull’Huffington Post: «La politica, specie a certe latitudini, viene fatta esattamente come l’inchiesta di Bari sta documentando». Quindi «si possono sbattere un paio di Pisicchio in prima pagina, ma non si può arrestare un intero ceto politico». Almeno fino a prova contraria. Certo è che l’impatto politico delle inchieste della procura di Bari sul voto di scambio stanno dando i loro frutti – leggi: clamorosi arresti – proprio alla vigilia del voto comunale del capoluogo. E ad appena un anno da quello regionale. Non è un dettaglio da poco, specie se consideriamo che i fatti oggetto delle indagini risalgono ad alcuni anni fa. La giudice Ilaria Casu, nella sua ordinanza, fa riferimento a indagini svolte nel 2019, quando Alfonsino Pisicchio era coordinatore regionale di Iniziativa Democratica e suo fratello ne era il presidente. Èallora che il secondo avrebbe ricevuto un contributo illecito di 156mila euro da due imprenditori (Raffaele Boccardo e Saverio Friuli) attraverso l’interposizione di Giovanni Refoli. Da qui l’accusa di aver turbato l’appalto per la riscossione di alcune tasse comunali di Bari (gara dal valore di 5 milioni di euro).

Perché gli arresti sono arrivati quasi cinque anni più tardi? Dice la giudice Casu: perché Alfonsino Pisicchio è ancora «politicamente attivo» e dunque potrebbe reiterare i reati per i quali è indagato, cioè corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, truffa, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsità materiale, turbata libertà degli incanti, finanziamento illecito ai partiti. Il ragionamento di Casu è in tutto e per tutto simile a quello fatto poche settimane fa da un’altra giudice di Bari, Paola Angela De Santis, su Sandro Cataldo, finito ai domiciliari per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, marito di Anita Maurodinoia, ex assessora regionale ai Trasporti. Anche in questo caso, infatti, parliamo di un’inchiesta che nasce indagando su avvenimenti che si sono sviluppati tra il 2016 e il 2019. Ma perché la stretta arriva solo adesso? Dalla procura di Bari la risposta è serafica: i tempi si sono allungati perché parliamo di un’indagine molto complessa. Ragioni tecniche, dunque. Ma le elezioni sono alle porte, e c’è in ballo l’ipotesi di commissariamento del Comune di Bari, con tanto di commissione fortemente voluta dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi al lavoro negli uffici del municipio. La giudice De Santis, comunque, la mette giù così: Cataldo, con il suo movimento «Sud al centro» stava decidendo se appoggiare Michele Laforgia o Vito Leccese alle primarie del centrosinistra (nel frattempo saltate), quindi la sua influenza sull’universo politico barese era ancora forte e si circostanziava «un pericolo evidente» di reiterazione dei reati.

Il terremoto è servito: quella che il centrosinistra – o campo largo che dir si voglia – considerava come un’avanzata trionfale, con le vittorie in fila alle comunali di Bari prima e alle regionali pugliesi poi, sta diventando un calvario, tra manette e indagati. In tutto questo, Giuseppe Conte ha deciso di cavalcare il grande classico della questione morale per mettere alle strette il Pd e i suoi cacicchi locali. Un gioco che sta mettendo in seria difficoltà la segretaria dem Elly Schlein e che allo stesso tempo sta anche minando le basi di una futura eventuale alleanza elettorale giallorossa su scala nazionale. Gli investigatori di Bari, ad ogni buon conto, vanno dritti per la loro strada, e ogni settimana tirano fuori nuove indagini come fossero singoli pezzi di un gigantesco mosaico. Il mosaico di una politica locale che per raccogliere consensi si fa spesso e volentieri spregiudicata, e promette posti, assunzioni, talvolta forse denaro, in cambio di preferenze.

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