Cultura

Una supertestimone ricorda la genesi dell’eccidio di Piazza della Loggia

Una supertestimone ricorda la genesi dell’eccidio di Piazza della LoggiaGiornali e manifestazioni contro la strage fascista di piazza della Loggia foto Archivio Ansa

Inchieste «La ragazza di Gladio» di Paolo Biondani, pubblicato da Fuoriscena

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 28 maggio 2024

Viviamo in un’epoca dalla memoria corta, che tende a sostituire i fatti con le opinioni e le certezze con le ipotesi. Perciò il libro di Paolo Biondani La ragazza di Gladio (Fuoriscena, pp. 384, euro 18) è oggi più che mai un testo prezioso. Basandosi unicamente sulle sentenze e sui fatti accertati, Biondani ripercorre in quasi quattrocento pagine la storia delle stragi fasciste e mafiose che hanno insanguinato l’Italia tra il 1969 e il 1993.

QUELLO CHE NE EMERGE è uno scenario devastante ma accurato al millimetro, dove ogni virgola ha il suo preciso riscontro e nessuna frase necessita del condizionale. E allora, eccoli, i giovanissimi neonazi di Ordine Nuovo, sguinzagliati con i loro carichi di esplosivo da piazzare all’interno delle banche, nelle piazze e sui treni. Ed ecco gli ufficiali dei carabinieri che li istruivano dentro le caserme, e gli uomini dei servizi segreti che li aiutavano a fuggire all’estero mentre certi anarchici distratti cadevano giù dalle finestre delle questure. Una trama che si è ripetuta più volte, e che ci dice molto su quello che eravamo ma anche su quello che siamo. Biondani ha poi un’ulteriore intuizione: inspirandosi al «follow the money» di falconiana memoria, decide di mettersi sulle tracce dei depositi di armi e di esplosivi: dai «Nasco» di Gladio alle «collezioni private» rinvenute nelle soffitte dei nostri decoratissimi 007. È una prospettiva nuova, che parte dall’arma del delitto e dall’identikit istituzionale di chi ce l’aveva in custodia, collegando in modo ancor più palese i mandanti con gli esecutori – e facendo comprendere, se ancora ce ne fosse bisogno, perché sia i primi che i secondi sono riusciti il più delle volte a farla franca.

La «ragazza» del titolo è l’ultima supertestimone del processo per la strage di Piazza della Loggia, e la sua vicenda è così incredibile e istruttiva che meriterebbe probabilmente un libro a parte. All’epoca aveva 17 anni ed era la fidanzata di Silvio Ferrari, il ventenne ordinovista che morì dilaniato dall’ordigno che egli stesso stava trasportando per le strade di Brescia nella notte del 19 maggio 1974, nove giorni prima dell’eccidio. Oggi, dopo decenni di impaurito silenzio, l’ormai ex ragazza ha finalmente deciso di parlare, infrangendo un voto di omertà che le ha permesso «per miracolo» – come lei stessa confida agli inquirenti – di avere salva la propria vita. «Silvio doveva essere l’autore di una strage al Blue Note», si legge nei verbali. E poi: «Avevamo parlato più volte di questo attentato nei mesi precedenti. L’attentato avrebbe aiutato la destra, o meglio, avrebbe aiutato a far venire in Italia un regime militare».

Ma i passaggi più clamorosi del suo racconto sono decisamente altri. Il progetto della strage al noto jazz club bresciano era stato approntato – sempre secondo la testimone – da alcuni ufficiali dei carabinieri guidati dall’allora capitano Francesco Delfino, che nel 2008 sarebbe stato rinviato a giudizio – e poi assolto – proprio per la strage di piazza della Loggia. «Silvio precisava che lui agiva per i carabinieri – dice la donna -, erano loro che volevano questo attentato».

PER MESI, I NEOFASCISTI di Ordine Nuovo avrebbero avuto libero accesso alle caserme dell’Arma e della Nato, e più volte Silvio Ferrari avrebbe portato con sé proprio la sua fidanzata. Agli appuntamenti partecipava anche un altro ordinovista «ragazzino»: l’allora minorenne Marco Toffaloni, che è stato recentemente rinviato a giudizio con l’accusa di essere stato l’autore materiale dell’eccidio di Brescia. Stragisti e mandanti, per l’appunto – una storia che è necessario non smettere di raccontare.

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