Compagno e amico da una vita. Manifesto, Pdup, Lucio Magri, Luciana Castellina. L’ho visto l’ultima volta a Rimini. Uomo dolcissimo, una rarità nell’ambiente giornalistico e politico, fermo nelle sue convinzioni ma mai arrogante o aggressivo. Oltre a sentirci, lo vedevo a Testaccio sul tetto, al bar, in trattoria.

Ho perso un amico a cui volevo ancora dire tante cose e che desideravo ancora ascoltare. Era uno di quegli uomini che, anche quando non ti trovavi d’accordo sulle valutazioni politiche, non ti faceva mancare mai il rispetto e l’affetto. Con misura e riservatezza. Meravigliosamente ironico sulle tante sciocchezze che emergevano nel lavoro politico e giornalistico e capace di riderci sopra con il suo sguardo che oscillava tra il divertimento e l’amarezza e sui suoi occhi vivissimi che guizzavano attenti e tradivano una combattiva e malinconica timidezza.

L’ictus che lo colpì non lo fermò la prima volta. Stavolta sì. Non me l’aspettavo. L’avevo cercato per telefono per chiedere la sua opinione sui toni feroci scatenati contro l’Anpi. Proprio perché era lucido ed equilibrato desideravo sapere cosa ne pensasse. Ma il suo telefono era irraggiungibile. Non sapevo e non sospettavo che era Aldo stesso ormai irraggiungibile.

Eppure quando penso a lui sento il dolore ma è un dolore sereno in quanto era la serenità che riusciva e riesce a trasmettermi, non perché fosse sereno, ma perché con lui sentivo come una koiné, un’aria di famiglia, un linguaggio comune, un legame saldato da esperienze vissute insieme e che la distanza nel tempo e nello spazio non ha minimamente scalfito. Non ce le siamo mai dette queste cose, avremmo forse dovuto farlo. Ci saremmo riusciti? Non saprei. Forse ce lo avrebbe impedito e lasciato lì fra i non detti il pudore legato a un’idea di politica che ormai non c’è più, e che, secondo me, piaceva ad Aldo: quella in cui le idee governano le emozioni perché sono a loro volta governate dalle passioni. Le passioni sono fatte di emozioni, ma hanno molto di più. Aldo lo sapeva bene.