«I sottoscritti chiedono l’esclusione di Israele dalla Biennale di Venezia. È inaccettabile farsi piattaforma di un’arte che rappresenta uno Stato impegnato in atrocità continue contro i palestinesi di Gaza. No al Padiglione del Genocidio alla Biennale di Venezia». Inizia così la lettera firmata già da oltre 7000 artisti, curatori, lavoratori culturali. Tra loro spiccano Nan Goldin, il fotografo sudafricano Adam Broomberg e anche istituzioni come il Palestine Museum Us. Quest’ultimo si è visto rifiutare dalla Biennale la proposta di riconoscere come evento collaterale ufficiale la mostra «Foreigners in their Homeland» (che si terrà in autonomia a Palazzo Morra) di 24 artisti palestinesi. La Palestina, non essendo uno Stato riconosciuto, non ha padiglione.

La lettera prosegue ricordando come ci siano diversi precedenti di Paesi esclusi: il Sudafrica, a causa del regime di apartheid, non espose dal ’68 al ’93. La Russia chiuse il suo padiglione due anni fa essendosi ritirati gli artisti e il curatore per protesta contro la guerra. «La Biennale ha taciuto sulle atrocità di Israele contro i palestinesi. Siamo sconcertati da questo doppio standard» recita la lettera, che ricorda anche il progetto del padiglione israeliano, incentrato sulla maternità, mentre a Gaza le donne sono costrette a partorire per strada. «L’arte non può trascendere la realtà, gli eufemismi non possono cancellare la violenta verità. No Death in Venice, No business as usual» si legge nel testo. Al momento, nessuna replica da parte della Biennale.