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Bufera sul Jewish Chronicle: articoli falsi per sostenere le tesi di Netanyahu

Netanyahu in tv con una mappa che cancella la Cisgiordania palestinese foto ApNetanyahu in tv con una mappa che cancella la Cisgiordania palestinese – Ap

Israele/Palestina Pezzi a firma di Elon Perry, dalla biografia inventata. L’ultimo su Sinwar e il corridoio Philadelphia smentiti da esercito e intelligence. Quattro editorialisti del giornale britannico si dimettono per protesta

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 17 settembre 2024

Alla fine la tempesta non è rimasta dentro un bicchier d’acqua. E non sono bastate le poche righe di comunicato con cui venerdì scorso il Jewish Chronicle (Jc), il più antico e noto quotidiano ebraico britannico, ha annunciato la rimozione degli articoli scritti da Elon Perry. Domenica quattro dei suoi più noti editorialisti – David Baddiel, Jonathan Freedland, David Aaronovitch e Hadley Freeman – hanno abbandonato il giornale. Non scriveranno più per Jc.

«L’ultimo scandalo – ha scritto Freedland in una lettera all’editore – ha gettato grande disonore sul giornale, pubblicando storie inventate e mostrando solo una sottilissima forma di pentimento, ma è solo l’ultimo caso». Lo scandalo a cui fa riferimento è la scoperta della pubblicazione di articoli di Elon Perry del tutto inventati.

O meglio – ed è ancora più grave – utilizzati dal primo ministro israeliano Netanyahu e dal suo entourage come pezze di appoggio per diffondere notizie false e puntellare l’agenda del momento. Insomma, gli articoli di Perry come parte di una più ampia campagna di disinformazione.

È L’ACCUSA PRINCIPE, la prima goccia della tempesta. Si è allargata quando, scavando nella vita di Perry come ha fatto la stampa israeliana, sono comparsi pezzi di curriculum di fantasia. A sollevare dubbi è stato per primo il magazine israelo-palestinese +972mag, che in un articolo di Ben Reiff ha smontato le dichiarazioni di Perry.

Secondo la sua bio su Jc, avrebbe servito per quasi tre decenni nelle Brigate Golani. E nel suo sito web millanta esperienze di insegnamento negli Usa e in Gran Bretagna, oltre che alla Tel Aviv University. Tutto falso. Sul Times of Israel ha scritto nel 2021, dicendosi reporter per radio e tv israeliani. Falso anche questo.

Gli articoli incriminati citavano tutti funzionari dell’esercito o dell’intelligence che via via ne hanno smentito i contenuti. Quello che ha acceso una lampadina è il pezzo del 5 settembre su un presunto documento trovato nel computer di Yahya Sinwar, leader politico del movimento islamico palestinese, in cui pianificava la sua fuga verso l’Iran, insieme ad alcuni ostaggi israeliani, attraverso il corridoio Philadelphia. Ovvero il corridoio di 14 chilometri tra Gaza ed Egitto di cui da giugno Netanyahu pretende il controllo per firmare un accordo di scambio con Hamas.

Il 4 settembre – il giorno prima della pubblicazione dell’articolo di Perry – Netanyahu lo ha definito la via principale di contrabbando verso Gaza e di fuga dall’enclave. L’articolo è stato subito amplificato da decine di esponenti dell’ultradestra israeliana e smentito dalla stampa che ha riportato le voci dei vertici di esercito e servizi. Che in sostanza dicono: quel documento non esiste.

CONSIDERATO da un buon pezzo di establishment militare inutile ai fini bellici, il primo ministro sta usando il Philadelphia per allontanare la prospettiva di un accordo: non lo aveva mai nominato prima, è comparso come precondizione alla tregua solo dopo la presentazione del piano di pace del presidente Joe Biden, il 31 maggio.

Un esempio delle storie inventate e prefabbricate che cita Freedland e che hanno reso il Jewish Chronicle, ha aggiunto nella sua lettera di dimissioni, «uno strumento ideologico e di parte, i suoi giudizi più politici che giornalistici». Una trasformazione del quotidiano che risale al 2020 sotto la guida di Jake Wallis Simons e spinto sempre più a destra.

L’esercito israeliano ha aperto un’inchiesta interna e l’ha spiegata a YnetNews: «Questa è una campagna per influenzare l’opinione pubblica e siamo determinati a individuare la persona o l’ente che c’è dietro».

Molti osservatori ritengono che il responsabile sia lo stesso Netanyahu: come scrive su +972 Reiff «rappresenterebbe un nuovo livello nei suoi tentativi di sviare il pubblico» e soprattutto far perdere legittimità alle famiglie degli ostaggi e alla loro richiesta di un accordo con Hamas.

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