Visioni

Un regista fuori norma, compagno di vita e di una stagione ormai conclusa

Un regista fuori norma, compagno di vita e di una stagione ormai conclusa

Addio Novecento L’amicizia con Bernardo Bertolucci iniziata nel 1957, a casa di Cesare Zavattini per la proiezione di due cortometraggi oggi perduti

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 27 novembre 2018

Ho sentito per telefono Bernardo qualche giorno fa per invitarlo a un seminario. Aveva la voce molto affaticata. Mi ha detto che aveva una complicazione ai polmoni ed era sotto cure intensive.
L’ho conosciuto quando aveva 16 anni, nel 1957, in casa di Zavattini, dove ha proiettato due cortometraggi in 16mm, La teleferica, di finzione, e La morte del maiale, documentario. Nonostante avessi solo 4 mesi più di lui, feci il critico: troppe inquadrature dal basso nel primo, bene il secondo. Credo di essere uno dei pochissimi ad averli visti (sono andati perduti) ma ne ho ancora memoria.

NON VIDI all’epoca La commare secca perché avendolo ascoltato in tv e poi incontrato a una festa il giorno prima delle riprese mi sembrava che si desse troppe arie. Ma quando Gianni Amico mi ha invitato a una proiezione privata di Prima della rivoluzione ogni pregiudizio è scomparso fin dalla prima inquadratura. Un capolavoro, il nostro film nouvelle vague (assai più del pur bellissimo I pugni in tasca dell’altro giovane che avevo conosciuto al Csc prima che debuttasse): il film di un fratello, dopo i tanti film ammirati dei padri. Ne scrissi e lo intervistai.

HO SEGUITO da vicino i suoi anni difficili, perché in Italia quel film era dispiaciuto ai più e il successivo Partner lo stesso. Andavamo al cinema insieme, amavamo entrambi sia i classici statunitensi sia la nuova scuola francese e internazionale.
Realizzammo per lo stesso programma della Rai lui Strategia del ragno, io il mio unico film di finzione, Olimpia agli amici. Quando il funzionario televisivo mi chiese quanto volevo essere pagato gli risposi: come Bertolucci.
Quando arrivò Il conformista erano anni difficili anche per me, il ’68 aveva sconvolto molte mie certezze. Dissi, forse solo fra me e me, che il conformista era Bernardo, che aveva ceduto al Capitale.

Me ne pento, perché oggi ritengo che sia il suo capolavoro. Ho realizzato nel 2011 per l’edizione in dvd del film per Rarovideo un critofilm o videosaggio che dir si voglia intervistandolo e analizzando puntigliosamente l’opera: All’ombra del conformista (58’). Da allora ho sempre seguito la sua evoluzione, cercando però di non confondermi con i troppi laudatores che lo circondavano. Gli ho quasi sempre telefonato all’uscita di ogni film. L’ho visto spesso a casa sua (una volta accompagnai Coppola che voleva incontrarlo). Rimasi entusiasta di The Last Emperor, raro esempio di kolossal personale. Bernardo mi invitò a rivederlo una sera che lo fece vedere a Wim Wenders, con cui poi andammo a cena.

MA PER ME Bertolucci non era solo Bernardo. C’era Giuseppe e c’era Attilio. Attilio fece da «protettore» del Salso Film & Tv Festival che diressi negli anni ’80. Giuseppe era molto diverso da Bernardo e faceva film assai personali che quasi sempre amavo: i suoi documentari, Amori in corso, Troppo sole, L’amore probabilmente soprattutto.
Ho conosciuto le sue compagne-mogli: Maria Paola (Mapi) Maino, Clare Peploe.

Bernardo è uno dei grandi del cinema italiano. Solo la malattia gli ha impedito di realizzare tutti i film che avrebbe ancora voluto fare. Ed è il solo che sia riuscito, assieme all’amato Rossellini e ad Antonioni, a rimanere integro quando ha avuto la possibilità di realizzare film di grosso budget con capitali stranieri e in altra lingua.

RESTA, di quella stagione felice degli anni ’60, Marco Bellocchio, sempre attivissimo e sempre indipendente. Non ci sono più Pasolini, Olmi, Ferreri, De Seta, Carmelo Bene, Schifano, Bargellini, Grifi.
Credo che oggi ci siano in giro degli imitatori di Bernardo: cinema di seconda mano se non peggio. Quanto a me, più invecchio più perdo coloro a cui ho voluto bene e che, penso, mi hanno voluto bene: compagni di una vita. Ci sono però i giovani, i giovani «fuori norma», che proliferano perché il nostro cinema rimanga vivo e inventivo.
Sarebbero piaciuti a Bernardo, fuori norma nei suoi «piccoli» e «grandi» film?

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