Può accadere di vedere i monumenti cittadini usati come luoghi in cui darsi appuntamento, o come spazi ideali per pause pranzo, gelati e sigarette, o ancora come area giochi. È altrettanto facile che le opere d’arte nello spazio urbano finiscano per essere ignorate, ingoiate dalla vegetazione o vandalizzate, più difficile è ricostruirne la storia e salvarle dall’indifferenza. Se si aggiunge che Milano non offre piazze monumentali, ma funzionali e dalle dimensioni ridotte, le opere rischiano di rimanere presenze discrete e facili da dimenticare.

Angela Maderna e Michele Robecchi per Sartoria Editoriale / Postmedia hanno scritto Arte Pubblica | Milano (pp. 180, euro 16,90), una guida all’arte del ’900 sul suolo pubblico cittadino, illustrata da Marco Fanuli. Un percorso che si allarga dal centro della città e percorre in senso orario la raggiera delle sue nove municipalità.

Ago, filo, nodo di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen

È UNA CARTOGRAFIA che disegna una storia di Milano che ha inizio con i toni trionfali dell’Expo del 1906 e trova come puntelli le vicende che hanno portato alla proliferazione di monumenti sul suolo pubblico, come l’annessione dei paesi limitrofi nel 1923, le edizioni della Triennale di architettura, i Campionati mondiali di calcio nel 1990, l’Expo 2015, e le diverse ondate di riqualificazione urbana.

Le sculture raccontano un’evoluzione di questo linguaggio nel corso del ’900, dalla figurazione allegorica agli stilemi astratti, passando per l’eliminazione del piedistallo e l’impiego di materiali diversificati. Una presenza, quella scultorea, che può essere letta come un esercizio di agopuntura urbana che intreccia celebrazione ed espiazione, morte e memoria, con sculture che omaggiano vittime di guerra, di stragi, di tragici incidenti e ricordano la resistenza al dominio asburgico e all’occupazione nazifascista.

Una Milano che, in cerca di una propria identità nel secondo dopoguerra, la trova nella letteratura d’infanzia con la Fontana a Pinocchio di Attilio Fagioli. Una Milano che rende omaggio alle personalità milanesi come nella Grande cancellatura per Giovanni Testori di Emilio Isgrò e nel Cavallo di Leonardo da Vinci di Nina Akamu. Una Milano che poggia i gomiti sul passato operoso e artigiano per ergersi come città della moda, con Ago, filo, nodo di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen e con la reinstallazione di Patrick Tuttofuoco dell’insegna di un vecchio Luna Park a Lambrate, con l’intenzione di rilanciarla come polo artistico contemporaneo.

STUPISCE LA RICORRENZA di nomi di artisti come Arnaldo Pomodoro, Andrea e Pietro Cascella, Carlo Ramous, Adolfo Wildt, Aligi Sassu e stupisce non trovare i nomi di artisti legati alla scultura come Lucio Fontana e Giacomo Manzù, o di nomi che abbiano una risonanza internazionale, come è accaduto in altre nelle città europee. Ma questo riflette l’assenza di una politica pubblica sull’arte contemporanea in Italia, salvo rarissimi casi e spiega l’accoglienza tiepida da parte della cittadinanza, quando non indignata, che vive come una presenza imposta e indigesta le opere in spazio pubblico.

Arte Pubblica | Milano è un libro da tenere in mano e leggere camminando per la città, un libro che si presta a tracciare infiniti percorsi. Il libro con una spinta archivistica si costruisce in forma di elenco e fonde parole immagini in una sintesi perfetta. Ha una visione dall’alto e cartografica che ha la forza di invitare a ruotare la prospettiva di 90 gradi e tuffarsi nello spazio urbano. Il lavoro di catalogazione è rigoroso ma aperto a possibili estensioni. Sembra essere solo il primo di molti passi.