Prenderà il via il 29 febbraio dell’anno prossimo, a Brescia, il processo a Roberto Zorzi, accusato di essere l’esecutore materiale della strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Zorzi vive da tempo negli Stati Uniti e gestisce un allevamento di dobermann chiamato «Il Littorio».

Secondo la procura bresciana, l’ormai settantenne «ha partecipato alle riunioni in cui l’attentato veniva ideato, manifestando la propria disponibilità alla sua esecuzione e rafforzando il proposito dei correi». Sarebbe stato lui, inoltre, a piazzare un ordigno all’interno di un cestino dei rifiuti sul colonnato che delimita la piazza, causando 8 morti e 102 feriti.

«Dimostreremo che le prove raccolte sono solide», così l’aggiunto Silvio Bonfigli, titolare dell’inchiesta.
La figura chiave del processo che verrà – il diciassettesimo dal 1974 – sarà Ombretta Giacomazzi, che negli anni ’70 frequentava gli ambienti della destra eversiva e che, negli ultimi tempi, ha aiutato gli investigatori a ricostruire i fatti e i misfatti bresciani di quel periodo. Sin qui, comunque, Zorzi non si è mai presentato in aula, e difficilmente lo farà in futuro, anche se il suo avvocato Stefano Casali sostiene che «se servirà alla sua difesa, lo faremo venire».

«Questo processo avrà un grande valore, ci permetterà di conoscere quei rappresentanti della malavita istituzionale che hanno depistato per decenni», dice Manlio Milani, presidente della Casa della memoria di Brescia.
Tra le parti civili ci sarà anche Palazzo Chigi, ammesso solo dopo un intervento della Cassazione, visto che in un primo momento non aveva rispettato i termini per costituirsi al processo.

Lunedì il gup di Brescia deciderà se rinviare a giudizio o meno anche Marco Toffaloni, pure ritenuto esecutore materiale della strage e oggi cittadino svizzero.