Il presidente ungherese Orban foto Ansa
Il presidente ungherese Orban – foto Ansa
Europa

Ue, l’amico americano non abiterà più qui

Elettorale americana vista dall'Ue L'Unione europea e la fine degli equilibri del dopoguerra
Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 5 novembre 2024

I paesi Ue aspettano con ansia il risultato del voto Usa, l’elezione più importante dell’anno per l’Europa, anche se a diversi livelli di inquietudine.

In maggioranza auspicano la continuità nelle relazioni transatlantiche, cioè la vittoria di Kamala Harris, in un momento di grande fragilità della costruzione europea, che fa fronte alla guerra ai suoi confini con l’Ucraina, teme le ripercussioni interne del conflitto in Medioriente e deve fare i conti con la minaccia della “lenta agonia” economica evidenziata dal rapporto Draghi, schiacciata nello scontro tra Washington e Pechino. Ma già l’eventualità di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca produce il veleno della divisione tra i 27: Viktor Orban, che sfrutta senza vergogna il ruolo di presidente del Consiglio Ue, apre a Putin e afferma che l’Europa sarà «incapace di sostenere da sola il peso della guerra» in caso di disimpegno Usa in Ucraina.

L’ungherese si è precipitato a congratularsi per la vittoria dei pro-russi in Georgia, mentre la Ue non è riuscita a trovare un accordo per un comunicato comune dopo le elezioni a Tiblisi e solo 13 paesi su 27 hanno condannato le frodi. L’Italia di Meloni già spera di potersi avvantaggiare (fare da “suggeritore” dicono a FdI) e l’estrema destra europea punta a un effetto leva del populismo americano.

Ma anche chi spera in Harris sa che l’Europa non è già e non sarà mai più al centro degli interessi Usa e che la sicurezza europea non potrà più dipendere dalle incertezze di ogni elezione oltre Atlantico. La costruzione di una difesa comune, che si sta delineando dopo il risveglio brutale dell’aggressione russa, assorbirà una parte consistente di risorse, mentre la Ue dovrà contemporaneamente far fronte al crescente protezionismo Usa, sia direttamente nel caso di vittoria di Trump (aumenti delle tariffe doganali per la Ue definita “mini-Cina”, come era avvenuto per acciaio e alluminio nel 2018) sia indirettamente, con Harris, per l’effetto di sponda delle barriere contro la Cina, che riverserà la sua sovrapproduzione sui mercati europei. In più il Green Deal, già malmenato, dovrà fare i conti con il brutto segnale di Trump, che intende di nuovo uscire dall’Accordo di Parigi.

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