Ucraina, oggi il voto al Parlamento Ue. No dei gruppi italiani all’uso delle armi contro la Russia
Il limite ignoto Da Avs a Fdi stop all’escalation, nonostante il via libera dei principali gruppi a Strasburgo. Nel Pd ancora tensioni tra pacifisti e atlantisti, si lavora per evitare una spaccatura
Il limite ignoto Da Avs a Fdi stop all’escalation, nonostante il via libera dei principali gruppi a Strasburgo. Nel Pd ancora tensioni tra pacifisti e atlantisti, si lavora per evitare una spaccatura
Oggi al voto all’europarlamento la risoluzione sull’Ucraina. Un testo, frutto di un negoziato tra i gruppi più importanti, che torna a invitare gli stati membri dell’Ue a «revocare immediatamente le restrizioni sull’uso dei sistemi d’arma occidentali consegnati all’Ucraina contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo».
La proposta iniziale del Ppe era ancora più hard, e non limitava l’uso delle armi a obiettivi militari. La mediazione dei socialisti ha portato all’introduzione nel testo del riferimento alla costruzione di un negoziato di pace e alla rimozione (rispetto alla mozione approvata a luglio) del passaggio sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato.
Nessun dubbio sul fatto che la risoluzione sarà approvata, vista l’intesa tra Ppe, Pse e Liberali. La notizia è che tutte le delegazioni italiane potrebbero votare contro il via libera a Kiev a colpire obiettivi in Russia. Secondo fonti del parlamento Ue, i tre partiti di maggioranza sono pronti a votare no: non solo la Lega come due mesi fa, ma anche Fdi (che si astenne) e Forza Italia, che aveva votato a favore ma ora è pronta a dire no (in perfetta solitudine tra i popolari) in linea con la posizione di Tajani, contrario a colpire la Russia come anche Giorgia Meloni. Scontato il no di Avs e dei 5s, secondo cui questo testo «ci porta dritti alla guerra mondiale».
E così l’unico partito italiano in cui alla vigilia c’è ancora un filo di suspence è il Pd: la linea di Schlein è confermare il voto espresso a luglio (no all’uso delle armi in Russia, sì alla mozione), ma stavolta è forte il pressing dei socialisti (fatta eccezione per le delegazioni tedesca, bulgara e maltese dove si esprimono dubbi) che non solo condividono il via libera a Zelensky a colpire la Russia, ma ritengono di aver inciso pesantemente sul testo della mozione. E poi nel gruppo dem ci sono parlamentari come Pina Picierno che già si sono espressi pubblicamente a favore e non intendono piegarsi alla disciplina di partito. A darle manforte c’è il senatore Filippo Sensi: «Al voto va un documento solido, robusto, sacrosanto, essenziale, doveroso. Lì sta chi ha a cuore il futuro dell’Europa».
Il gruppo Pd, guidato da Nicola Zingaretti, si ritroverà ancora una volta stamane prima del voto. Ma viene escluso un voto a favore sul punto numero 8 del testo che allarga le maglie dell’uso delle armi: per Schlein sarebbe difficile presentarsi all’opinione pubblica come l’unico partito italiano ad averlo votato, scavalcando anche Fdi sul fronte bellicista.
La soluzione più probabile è che i deputati più atlantisti, come Picierno, Elisabetta Gualmini e Giorgio Gori, possano non partecipare al voto o astenersi sul punto in questione, come avevano fatto due mesi fa. Sul fronte opposto, quello pacifista, Marco Tarquinio e Teresa Strada voteranno certamente no all’escalation bellica e si asterranno sul documento finale da cui non sarà emendato il passaggio sull’uso delle armi. «Un documento per me inapprovabile, nonostante si citi anche la via di una possibile soluzione di pace», spiega Tarquinio al manifesto. Previsto il no di Lega e M5S anche al documento finale. Così come quello di Sinistra italiana (i Verdi voteranno a favore come i cugini europei).
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