Cresce l’attesa e con essa la tensione per la risposta dell’Iran, di Hezbollah e dei loro alleati alle uccisioni compiute da Israele la scorsa settimana a Beirut di Fuad Shukr, il comandante militare del movimento sciita, e a Teheran di Ismail Haniyeh, il capo politico di Hamas. Risposta che potrebbe arrivare già nelle prossime ore come hanno avvertito varie fonti. O forse potrebbe ritardare perché la diplomazia è al lavoro per evitare una guerra regionale.

«Ciò che suscita preoccupazioni – ha scritto ieri l’analista libanese Anthony Samrani – è che i belligeranti sembrano pronti a correre più rischi rispetto al loro ultimo tiro alla fune (lo scontro tra Israele e Iran dello scorso aprile, ndr). Israele vuole riprendere il sopravvento spingendo in un angolo l’Asse della Resistenza guidato dall’Iran. Quest’ultimo non vuole perdere gran parte del credito accumulato il 7 ottobre con l’attacco di Hamas».

Quindi è solo una questione di ore o di giorni. Non ci sono dubbi, l’Iran reagirà all’uccisione di Haniyeh, è stato ribadito agli ambasciatori stranieri convocati ieri al ministero degli esteri a Teheran. L’obiettivo è colpire, ma al di sotto della soglia per non scatenare un conflitto aperto. Con questi intenti l’Iran sta provando a guadagnarsi il sostegno regionale e internazionale alla sua azione militare. E ha ottenuto per domani a Gedda una riunione di emergenza dell’Organizzazione per la cooperazione islamica (Oic) durante la quale cercherà di fare pressione sugli Stati arabi affinché sostengano il suo diritto di intraprendere azioni di ritorsione contro Israele.

Alcuni leader del Golfo sono disposti a condannare i raid di Israele, però chiedono all’Iran di mostrare moderazione. Nella stessa direzione spingono i russi. L’inviato di Mosca Serghei Shoigu è giunto ieri a Teheran per confermare la solidità l’alleanza tra i due paesi ma anche per invitare i leader iraniani a non lasciarsi dominare dalla rabbia al punto da fare il gioco di Israele innescando una guerra che sconvolgerebbe gli equilibri in Medio oriente dove la Russia è presente militarmente con sue basi in Siria.

Gli Stati uniti, secondo indiscrezioni, avrebbero usato canali indiretti per esortare gli iraniani a concentrare il loro attacco su qualche base militare e a evitare obiettivi civili in modo da non scatenare una reazione devastante di Tel Aviv. Washington in realtà preme anche sul governo Netanyahu per prevenire una escalation che rischia di trascinare gli Stati uniti in una guerra che non vogliono. L’arrivo ieri in Israele del generale Michael Kurilla, capo del Comando centrale Usa, oltre a ribadire che gli Stati uniti difenderanno Israele, come hanno fatto lo scorso aprile, è servito anche per invitare i comandi israeliani a non usare il pretesto della reazione iraniana per incendiare la regione. Gli interrogativi non mancano. Un Joe Biden indebolito ha ancora qualche influenza su Netanyahu? Netanyahu spinge sull’acceleratore credendo che gli Stati Uniti si schiereranno con lui se le cose si faranno molto serie?

Cosa sia o non sia accettabile per Israele nessuno lo sa. Probabilmente nulla, allora qualsiasi attacco iraniano scatenerà la guerra. Netanyahu con le ultime uccisioni crede di aver ristabilito la deterrenza e la superiorità del suo paese nella regione. Perciò intende insistere. Forte della superiorità aerea israeliana, Netanyahu probabilmente crede di poter infliggere colpi letali all’economia iraniana bombardando i giacimenti petroliferi, raffinerie, porti, terminali vitali per l’esportazione del greggio, in particolare verso la Cina. Per questo, secondo voci, Pechino dietro le quinte cerca di placare gli avversari.

Gli Usa intanto hanno fatto sapere che non accetteranno il bombardamento delle centrali atomiche dell’Iran. A frenare Tel Aviv sono soprattutto le capacità di combattimento di Hezbollah e il suo arsenale di razzi e missili in grado di colpire ovunque in Israele. E i sistemi di difesa antimissile in possesso di Israele pur avendo ampie possibilità non potranno fermare un attacco con centinaia di missili al giorno forse per settimane. Il capo di stato maggiore israeliano, Herzi Halevi, ieri sera ha approvato i piani per «i diversi scenari».  «Netanyahu vuole rovesciare il tavolo. La Guida suprema Ali Khamenei farà tutto ciò che è in suo potere per fermarlo», spiega Anthony Samrani. Alla fine, aggiunge l’analista, «potrebbe non esserci una guerra. Ma in ogni caso ci saranno un vincitore e uno sconfitto».