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Tutti a scuola, ma non a Gaza. 11.500 mancano all’appello

Una scuola dell’Unrwa usata come rifugio dai palestinesi a Dair El-Balah, nella Striscia di Gaza foto di Omar Ashtawy/AnsaUna scuola dell’Unrwa usata come rifugio dai palestinesi a Dair El-Balah, nella Striscia di Gaza – foto di Omar Ashtawy/Ansa

Palestina Istituti bombardati, studenti e insegnanti uccisi. Inizio dell’anno da incubo nella Striscia

Pubblicato 24 giorni faEdizione del 10 settembre 2024

I nuovi raid aerei israeliani sulla Siria, la strage di domenica al valico con la Giordania, il Libano su cui grava la minaccia sempre più concreta di un’altra invasione israeliana. E ancora, le tensioni con l’Egitto per le ostinate pretese di Netanyahu sul corridoio Filadelfi, la morsa dell’esercito israeliano sui palestinesi della Cisgiordania…

L’allargamento di fatto del conflitto mediorientale procede, mentre a Gaza si continua a morire. Di bombe e di fame: 2,2 milioni di persone hanno bisogno «urgente» di cibo e assistenza umanitaria, denuncia il World Food Program, le cui attività sono rese impossibili dall’alternanza costante di ordini di evacuazione e attacchi.

POI C’È IL DISASTRO del sistema scolastico, che brucia di più nei giorni in cui anche bambini/e e ragazze/i della Striscia avrebbero avuto diritto a tornare sui banchi. Ai 625mila che stanno per perdere il secondo anno consecutivo vanno ad aggiungersi i 45 mila che nel frattempo hanno compiuto 6 anni e avrebbero dovuto frequentare la prima elementare. «Hanno perso case, familiari, amici, hanno perso la loro sicurezza, la routine, il rifugio e gli stimoli forniti dalla scuola», ha detto la direttrice regionale dell’Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa, Adele Khodr.

D’altro canto il 90% dell’edilizia scolastica risulta distrutto (solo nell’ultimo mese si contano 16 scuole colpite) e sono 750 i morti tra gli impiegati a vario titolo nel comparto dell’educazione, migliaia i feriti. Il dato più impressionante riguarda però i giovani in età scolare che mancano all’appello; 11.500, uccisi dal 7 ottobre a oggi secondo il ministero della Sanità di Gaza. Decine di migliaia quelli che hanno subito ferite fisiche e psicologiche.

Anche ieri l’aviazione israeliana ha colpito lungo tutta la Striscia, da sud a nord. Vittime si registrano a Rafah, Gaza City, nei campi profughi di Nuseirat e Bureij, per un totale di almeno 20 morti che portano a oltre 41 mila il bilancio totale. Un minaccioso concentramento di truppe israeliane viene inoltre segnalato nel nord, mentre per effetto dei raid il centro e il sud erano ieri senza connessione internet.

Dopo l’azione di domenica mattina al valico di Allenby, tra Giordania e Territori palestinesi occupati, quando un cittadino giordano ha aperto il fuoco contro tre guardie di frontiera uccidendole, prima di venire ucciso a sua volta, il premier israeliano Netanyahu ha parlato dell’«ideologia assassina da cui siamo circondati», riconducendola come sempre all’Iran e ai suoi alleati.

DA QUI L’ENNESIMO RAID condotto dall’aviazione di Israele in territorio siriano, che ha provocato almeno 25 morti nella zona di Hama. Colpite infrastrutture usate dai «miliziani sciiti filo-iraniani», secondo Tel Aviv, mentre Teheran smentisce e Damasco accusa la comunità internazionale, che anziché esprimere un’adeguata solidarietà alla Siria insiste nel suo «illimitato sostegno» a Israele.

Riguardo alle misure da prendere contro l’altro pilastro dell’«asse del male», Hezbollah, un’idea di quel che si prospetta la fornisce il deputato del Likud Nissim Vaturi, anticipando il piano che avrebbe già ricevuto il placet di Netanyahu e la cui messa in pratica sarebbe imminente: qualche giorno di bombardamenti a tappeto e a seguire un’operazione da terra. Al termine Dahiyeh, sobborgo meridionale di Beirut, roccaforte sciita e sede di un campo profughi abitato da 20 mila palestinesi, «sembrerà Gaza», ha detto Vaturi. Dando così ragione al ministro degli Esteri libanese Abdallah Bou Habib, che poco prima aveva detto a al Jazeera che a Israele non interessa la pace con il Libano, a prescindere dal cessate il fuoco a Gaza.

VENENDO ALLA CISGIORDANIA occupata, dove anche ieri non sono mancati assalti e demolizioni, a Nablus ieri è stato il giorno dei funerali di Aysenur Ezgi Eygi, l’attivista turco-statunitense di 26 anni uccisa dall’esercito israeliano durante una protesta contro gli insediamenti illegali dei coloni. Della situazione esplosiva nella West Bank ieri ha parlato il responsabile Onu per i Diritti umani Volker Turk, definendo in pratica “senza precedenti” il livello di morte e distruzione causato dall’operazione militare israeliana ancora in corso, destinata ad «aggravare una realtà già calamitosa». Turk ha anche ricordato i 10mila prigionieri palestinesi detenuti in larga parte illegalmente da Israele. E i 50 che in carcere sono morti per le condizioni disumane a cui sono stati sottoposti.

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