Dniprovske è un villaggio di poche anime che sorge su un’ansa del Dnipro a sud di Kherson, uno dei tanti che si ripetono uguali fino al Mar nero. La strada che uscendo dal capoluogo porta al posto di blocco prima del villaggio costeggia vigneti secchi e campi incolti, l’orizzonte è piatto e paurosamente libero verso est. Percorrendola non si è mai tranquilli, ricorda la strada di Soledar, in Donbass, una delle tante strade della morte.

Stupisce che a Kherson i check-point siano blandi mentre qui se ne incontrano tre a pochi km di distanza. Due colonne di fumo nero si alzano dall’abitato, sullo sfondo si vede la sponda controllata dai russi come se non ci fosse il fiume in mezzo. Un soldato di guardia ci raccomanda di stare attenti e, quando gli domandiamo se hanno colpito pesantemente, risponde facendo delle parabole con le dita serrate «boom boom boom».

SEGUIAMO UNO DEGLI INCENDI e ci troviamo in una piazza sterrata e brulla, di terra gialla. Una casa colonica brucia dal tetto ed è evidente che a breve non ne resterà più nulla se non pochi mattoni anneriti. Dietro un angolo, di fronte al fuoco, una scena che sembra una foto di inizio secolo. Una squadra di soldati ucraini è in attesa sulle scale di una cantina, dai primi gradini ai più bassi spuntano le figure degli uomini in uniforme ed elmetto che guardano preoccupati verso il fiume. Ci avviciniamo e rimangono bassi, nel frattempo i boati continuano a far vibrare l’aria.

Com’è la situazione? «Normalna», tutto a posto, dicono ridendo. Ma non è affatto così. «Quella quanto tempo fa?» chiediamo indicando la casa. «Cinque minuti prima che arrivaste voi» risponde lo stesso ragazzo che si ferma per una pausa scenica, «siete stati fortunati». I suoi commilitoni ridono di nuovo ma quando un colpo d’artiglieria più forte degli altri colpisce a poca distanza si abbassano istintivamente. «State attenti qui intorno» dice un altro soldato «e buona fortuna». La conversazione è finita.

Tre settimane fa, a pochi giorni dall’ingresso degli ucraini a Kherson ovest, alcune indiscrezioni rivelavano che le forze armate ucraine nel sud stavano sondando il terreno per trovare punti favorevoli a un eventuale passaggio del fiume Dnipro. Riuscire a stabilire un contatto con l’altra riva, qui al sud sarebbe vitale per i soldati di Kiev. In primis si potrebbe tentare di insidiare direttamente le postazioni di tiro russe che tanti danni stanno causando alla parte liberata della regione di Kherson.

DALL’ATTACCO DI LUNEDÌ mattina al centro di Kherson, sono trascorse più di 35 ore e gran parte della città è ancora senza corrente elettrica. Le reti del gas sono già fuori uso da settimane e quindi i riscaldamenti domestici dipendono direttamente dai blackout. In altri termini, senza corrente si resta al freddo. E ieri a Kherson le temperature durante la notte hanno toccato i -10°. Ma ciò non vuol dire che i bombardamenti si siano fermati. Mortai, grad, obici di vario calibro e, soprattutto, Mlrs hanno tenuto svegli gli abitanti tutta la scorsa notte. L’acronimo inglese significa «Sistema di lanciarazzi multiplo» (multiple launcher rocket system, ndr) e sono molto più potenti dei vecchi grad di produzione sovietica. Si consideri che gli Himars americani, che tanta importanza hanno avuto per le sorti della controffensiva ucraina nell’est, sono al momento il più devastante degli Mlrs. Quando i russi sparano con gli Mlrs verso Kherson si sente uno scroscio potente come una serie di tuoni a distanza di millesimi di secondi. Ieri mattina, proprio a causa di un attacco condotto con questi sistemi di lanciarazzi a Kherson sono morti altri due civili e almeno altri 5 sono rimasti feriti.

SONO GIORNI CHE IL BOLLETTINO dei morti e feriti in città non segna un rassicurante “0”, forse dovrebbe bastare questo a far capire che la narrazione della stampa internazionale è errata. Kherson ha smesso di essere una notizia circa una settimana dopo l’ingresso delle truppe ucraine, da quel momento in poi l’unico fronte di interesse è stato Bakhmut. Infatti, ieri Zelensky si è recato di persona proprio nella città martoriata del Donbass per dimostrare la vicinanza del governo di Kiev ai combattenti. Ma il sud? È qui che probabilmente a breve vedremo nuove manovre.

ALTRO MOTIVO per cui gli ucraini vorrebbero passare il Dnipro è tentare una manovra a tenaglia verso Melitopol e spezzare la linea di approvvigionamento russa dalla provincia di Rostov sul Don alla Crimea. Dopo l’attacco al ponte di Kerch, interrompere anche i collegamenti via terra alla Crimea sarebbe strategicamente cruciale per Kiev.

Intanto però il territorio di Kherson è bersagliato costantemente dalle bombe e tutto lascia presupporre che nel prossimo futuro la situazione non potrà che peggiorare.