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Trump si arrocca ad Alamo. Secondo impeachment vicino

Trump si arrocca ad Alamo. Secondo impeachment vicino

Fa' la valigetta «Caccia alle streghe, il mio è stato un discorso perfetto». Fbi: c’era un piano per la «guerra civile»

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 13 gennaio 2021

Un articolo del Washington Post ha rivelato che il giorno precedente all’assalto in Campidoglio, l’ufficio dell’FBI di Norfolk, in Virginia, aveva emesso un esplicito avvertimento interno dove si avvertiva che gruppi di estremisti di destra si stavano recando a Washington con il fine esplicito di fare una «guerra». Il documento pubblicato dal quotidiano contraddice la dichiarazione di un alto funzionario secondo il quale non c’erano state informazioni ad indicare che qualcuno, le scorse settimane, avesse pianificato un tentativo di rivolta.

IL RAPPORTO INFORMATIVO citato dal WaPo, invece, dipinge chiaramente il ritratto di un piano dettagliato e allarmante, che includeva la mappa dei tunnel del complesso del Campidoglio e i possibili punti di raccolta degli aspiranti cospiratori per incontrarsi in Kentucky, Pennsylvania, Massachusetts e in Carolina del Sud, in modo da arrivare a Washington divisi in gruppi organizzati. Come hanno fatto notare molti utenti su Twitter, questi gruppi di manifestanti erano arrivati nella capitale indossando delle magliette celebrative di quella giornata con la scritta «Guerra Civile». Un thread online, riportato dall’Fbi della Virginia recitava: «Sii pronto a combattere. Il Congresso ha bisogno di sentire il suono dei vetri rotti, delle porte che vengono sfondate e del sangue versato dai loro schiavi BLM e Antifa. Smettetela di chiamarla marcia, manifestazione o protesta. Andate lì pronti per la guerra».

L’ARTICOLO SOLLEVA non poche domande al Bureau, che deve rispondere sul perché le altre agenzie sembrino aver fatto davvero poco per prepararsi alla più che concreta possibilità di episodi di violenza. Ora alla vigilia di una serie di manifestazioni che si terranno domenica, mentre il Congresso sta mettendo Trump nuovamente sotto impeachment, il timore di nuovi episodi di violenza è più che giustificato, e le dichiarazioni di Trump non sembrano di quelle che uniscono il Paese.

USCITO DALL’ISOLAMENTO per recarsi per recarsi ad Alamo, Texas e celebrare la costruzione di un pezzo di muro col Messico, parlando brevemente con i giornalisti, The Donald non ha mostrato alcun rimpianto per aver incitato l’attacco al Campidoglio, e ha replicato usando la stessa retorica sfoggiata durante il primo impeachment, anche per destreggiarsi nel secondo.

Trump ha infatti definito lo sforzo dei Democratici alla Camera di metterlo sotto accusa per la seconda volta, una «caccia alle streghe», in quanto il suo comizio del 6 gennaio era «perfetto», un po’ come lo era la famosa telefonata al presidente ucraino che gli aveva causato il primo processo.

L’ATTO DI ACCUSA verso Trump, un singolo articolo che ha come primi firmatari David Cicilline, Ted Lieu e Jamie Raskin, dovrebbe essere portato in aula per il voto già oggi, visto che evidentemente il vicepresidente di Trump, Mike Pence, non ha invocato il 25° emendamento per rimuovere Trump dall’incarico come la Camera gli aveva chiesto di fare entro 24 ore.

Se la Camera a maggioranza democratica, come si prevede, approverà la mozione di impeachment, allora Trump diventerà il primo presidente nella storia statunitense ad essere sottoposto a due processi di questo tipo.

In questo panorama Parler, il social network dove si erano riversati i supporter di Trump dopo la sua esclusione da Twitter, Facebook, TikTok, Snapchat e praticamente ogni piattaforma possibile, ha deciso di fare causa ad Amazon e lo ha fatto prendendo subito una piega complottista.
Il ricorso presentato da Parler sostiene che Amazon li abbia eliminati per motivi politici, legati a una cospirazione di Jeff Bezis a beneficio di Twitter.

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