Trump-Russiagate, indaga l’ex direttore Fbi Mueller
Stati uniti La nomina ufficiale alza lo scontro: noto per la sua intransigenza, fa contenti i democratici. Ieri paura a Time Square, ma non era attentato
Stati uniti La nomina ufficiale alza lo scontro: noto per la sua intransigenza, fa contenti i democratici. Ieri paura a Time Square, ma non era attentato
Continuano e sembrano potenzialmente infiniti i guai per Donald Trump. Il Dipartimento di Giustizia ha nominato Robert Mueller, ex direttore del Fbi per indagare sul Russiagate e questa nomina aumenta le pressioni sul presidente; Mueller è stato il capo dei federali sotto Bush jr e sotto Obama, ha fama di essere di intransigenza ferrea e super partes, uno che non si fa intimorire dal potere né cede a pressioni politiche e forse per questo i consiglieri più vicini al presidente gli hanno suggerito di assumere un avvocato esperto per aiutarlo ad affrontare tutte le investigazioni in cui è coinvolto, come si legge sul New York Times.
L’arrivo di un’investigazione indipendente è stata accolta molto bene dai democratici ed anche da qualche repubblicano; ci sono ora tre indagini principali sull’interferenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016 ed i possibili legami con la campagna del presidente Trump, e l’indipendenza delle indagini del Senato e della Camera è da un po’ che viene messa in discussione, in gran parte perché il partito del presidente controlla entrambe le camere del Congresso.
Allo stesso tempo, la direzione del Dipartimento di Giustizia, che è a capo dell’indagine FBI è stata a sua volta sottoposta ed alterata da pressioni politiche: ora avere un investigatore indipendente pare l’unica soluzione logica per uscire da un ginepraio di conflitti di interesse inestricabili.
Sempre il New York Times ha aperto un ulteriore filone di indagine riguardante l’ex capo della sicurezza nazionale Flynn; il quotidiano ha rivelato che prima della sua nomina era stato lo stesso Flynn ad informare Trump di essere indagato per il suo lavoro di lobbismo con la Turchia, tuttavia ciò non aveva impedito la sua nomina a capo della sicurezza nazionale da parte del presidente, con relativo accesso a tutte le informazioni riservate.
Sui rapporti di Flynn con i russi, uno dei principali nemici di Trump, oltre la stampa, è l’ex capo del Fbi Comey – l’uomo che ha compromesso la campagna elettorale di Hillary Clinton – che, da quando è stato licenziato ha direttamente ed indirettamente dato vita a una serie di dichiarazioni dirette e fughe di notizie che riguardano Trump, ed è proprio Comey ad essere stato invitato formalmente a testimoniare dal comitato di intelligence del senato, in una seduta pubblica e in una a porte chiuse.
Il comitato ha anche sollecitato Andrew McCabe, il facente funzioni di direttore del Fbi, a consegnare tutti i documenti preparati da Comey sulle sue comunicazioni con i funzionari della Casa Bianca e del Dipartimento della Giustizia per quanto riguarda l’indagine della Russia, incluso il cosiddetto «memo Comey».
I memo originali sono in realtà appunti, ma se presi da un agente Fbi e Cia, hanno valore di registrazione, e sono quindi importantissimi, non una semplice «parola mia contro parola tua».
Oltre al New York Times anche il Washington Post continua la lunga lista di rivelazioni-macigno su Trump, stavolta in forma di registrazione audio. «Due persone sono sul libro paga di Putin: Donald Trump e Dana Rohrabacher»: ad affermarlo è Kevin McCarthy, alto papavero del Partito repubblicano, deputato californiano; la sua dichiarazione, che cita anche Rohrbacher, uno dei più strenui ammiratori del leader russo in America, è stata estrapolata dalla registrazione di un colloquio del giugno 2016, in piena campagna elettorale per la Casa Bianca, ed ora ovviamente bollata da McCarthy come «scherzosa».
Alla conversazione sarebbe stato presente anche lo speaker della Camera, Paul Ryan, che avrebbe interrotto il collega, sollecitando i presenti a non fare parola dell’esternazione. E non finisce qui: da indiscrezioni della Reuters, nuovamente Flynn e altri consulenti della campagna elettorale di Trump avrebbero avuto ben 18 contatti con personaggi di alto profilo russi e direttamente legati al Cremlino, tramite telefonate e email, tutto nei mesi immediatamente precedenti il voto; questi contatti risulterebbero dai documenti attualmente in mano all’Fbi e al Congresso.
In questa bufera di rivelazioni la notizia di una macchina lanciata a Time square, che ha provocato una ventina di feriti ed una vittima ha fatto fermare il fiato a tutta la nazione. Che ha ripreso a respirare quando l’antiterrorismo di New York, il corpo più specializzato della cittá, ha escluso l’attacco terroristico ed ha parlato di conducente sotto effetto di droghe.
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