Trump, l’America si è fermata per l’Impeachment Day
Giornata storica Dibattito e voto finale alla Camera, 230 sì e 197 no: la messa in stato di accusa del presidente ora è realtà
Giornata storica Dibattito e voto finale alla Camera, 230 sì e 197 no: la messa in stato di accusa del presidente ora è realtà
L’Assemblea ha aperto il dibattito sui due articoli di impeachment, abuso di potere e ostruzione al Congresso, contro Donald Trump, eliminando gli ostacoli procedurali per portare i democratici al voto e accusare il presidente di aver commesso «alti crimini e delitti». Dopo sei ore di dibattito diviso equamente tra democratici e repubblicani, l’impeachment è passato con 230 sì e 197 no: la messa in stato di accusa del presidente ora è realtà.
«QUESTO È UN MOMENTO di cui leggerete nei libri di storia. Oggi voterò per mettere sotto accusa il presidente degli Stati uniti e voglio che sappiate perché», ha detto il deputato dei Dem, Joe Kennedy nella sua dichiarazione di apertura, una lettera indirizzata ai figli.
Il perchè è stato illustrato da tutti i deputati democratici con parole e metafore diverse per illustrare lo stesso concetto: il presidente pospone lo Stato ai suoi interessi personali, anche a costo di mettere a repentaglio la sicurezza Usa, agisce come se fosse al di sopra della legge, mentre nessuno lo è. «Per secoli, gli americani hanno combattuto e sono morti per difendere la democrazia per il popolo – ha detto la portavoce della Camera Nancy Pelosi, in piedi accanto al grande poster di una bandiera americana – Ma, molto tristemente ora, la visione della Repubblica dei nostri fondatori è minacciata dalle azioni della Casa bianca. È tragico che le azioni del presidente rendano l’impeachment necessario».
Un’indicazione su come sarebbe andata a finire la votazione finale l’avevano data già, dopo l’apertura della Camera, i tre voti riguardanti le mozioni procedurali: aggiornare l’Assemblea, presentare l’impeachment e stabilire le regole per il dibattito. Tutti e tre i voti hanno rispecchiato la linea dei partiti. I repubblicani sembrano inamovibili dalle loro posizioni. Doug Collins, massimo esponente repubblicano del comitato giudiziario della Camera, ha definito il processo di impeachment «deplorevole».
«NOI DALLA PARTE REPUBBLICANA non abbiamo problemi a portare il nostro caso alla maggioranza e alla gente di questo paese – ha detto Collins – perché hanno eletto Donald Trump e questa è una questione che riguarda gli elettori».
È stato spesso detto che le due parti dell’attuale dibattito sull’impeachment non concordano nemmeno sui fatti di base, ma durante questa giornata si è visto che per il Gop questo vale anche per circostanze consolidate e indiscutibili. Alcuni hanno affermato che i fatti che hanno portato all’impeachment non sono mai realmente accaduti. Secondo il repubblicano Tom Cole gli aiuti militari all’Ucraina «non sono mai stati negati». Mark Meadows ha affermato che Joe Biden non è in un rivale della campagna elettorale di Trump. Per Debbie Lesko Trump non ha mai chiesto all’Ucraina di indagare su Biden.
DAL CANTO SUO TRUMP, nonostante avesse detto che non avrebbe seguito il voto, ne ha twittato più di una volta nel corso della giornata e ha messo in agenda un comizio di «buon natale» in Michigan in coincidenza con il voto alla Camera. Ma non è facile oscurare un voto simile con un comizio.
Gli Stati uniti sono rimasti letteralmente inchiodati alle radio e alle televisioni che in tutti i luoghi pubblici, dai bar agli studi medici, hanno trasmesso la diretta dalla Camera. E la sera prima si sono svolte oltre 600 manifestazioni in tutto il paese: migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere l’impeachment e la rimozione di Trump, non solo nelle grandi città tradizionalmente liberal, ma anche in centri piccoli e conservatori.
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