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«Trotsky», il rivoluzionario diventa un’icona pop

«Trotsky», il rivoluzionario diventa un’icona pop

Televisione La serie di Alexander Kott è stata accusata di falso e di seguire la lettura putiniana della rivoluzione

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 19 novembre 2017

In via Akademika Koreleva a Mosca, sede di ORT – l’equivalente russo di Raiuno – la mattina del 7 novembre hanno tirato un sospiro di sollievo. La prima puntata della miniserie  Trotsky, andata in onda in prima serata ha raggiunto il 17% dello share. Un ottimo risultato visto che la stessa sera sulla concorrente Russia2 è andato in onda un altro serial, dedicato a Lenin che ha comunque attratto l’11% dei telespettatori.

Trotsky, otto puntate di 50 minuti sulla vita del rivoluzionario russo nemico giurato di Stalin, ha avuto dunque una buona accoglienza tra i telespettatori e a ORT si sussurra che ci siano trattative avanzate per venderlo in molti paesi, a cominciare da quelli ex-sovietici.

La produzione russa non ha badato a spese. Sono stati ingaggiati alcuni dei migliori attori e direttori della fotografia del Paese, ed è stato ricostruito con dovizie di particolari il celebre treno su cui Trotsky visse durante la guerra civile. Per il ruolo principale è stato scelto Konstantin Chabensky conosciuto in occidente soprattutto per I guardiani della notte ma stella di prima grandezza del firmamento del cinema russo e proveniente dalla classica scuola di recitazione di Leningrado. Insieme a Chabensky c’è Olga Sotulova, sempre di scuola leningradese, molto convincente nella parte di Natalya Sedova come ha sottolineato il critico Pavel Kudekin.

La serie racconta la vita di rivoluzionario di guerra, la presa del palazzo d’inverno, l’amore, l’esilio in Messico fino all’epilogo: l’assassinio nel 1940 per mano di una spia spagnola di Stalin, suo oppositore.

Gli storici dopo aver visionato la serie però sono stati impietosi. Konstantin Tarasov, docente di storia contemporanea a San Pietroburgo, ha affermato che nel film «gli errori e le imprecisioni nel ricostruire la vita di Trotsky sono così tanti che ci si stanca di contarli».

Secondo Tarasov «l’elemento su cui ruota tutta la serie – e cioè i soldi dati da Parvus e dai tedeschi ai bolscevichi – è un falso». Ma il film è pieno di avvenimenti fantasiosi come i presunti incontri a Vienna tra Trotsky e Sigmund Freud, mentre l’indiscutibile simpatia per Frida Kahlo del fondatore della IV Internazionale in Messico, si trasformata nelle mani degli sceneggiatori in focosi rapporti sessuali – mai dimostrati storicamente.

Il regista della serie, Alexander Kott, si è difeso sostenendo che in realtà non si tratterebbe di una biografia: «Non abbiamo girato un film documentario, per noi era importante mettere in luce alcuni aspetti della vita di Trotsky».

Ma quali? Il produttore del film Konstantin Ernst li esplicita senza mezzi termini: «Trotsky è la combinazione di ogni cosa: il bene e il male, l’ingiustizia e il coraggio. È l’archetipo del rivoluzionario del XX secolo. Ma la gente non deve pensare che se avesse vinto Trotsky e non Stalin le cose sarebbero andate meglio, perché così non sarebbe stato».

Per lo storico moscovita Ilya Budraytskis si tratta, della chiave di lettura della rivoluzione che il regime putiniano propone ai russi: «Questa interpretazione si riassume nella criminalizzazione della rivoluzione stessa come fenomeno politico. La rivoluzione si presenta come un risultato della combinazione di odiose ambizioni umane, la brama di potere, l’egoismo, la lussuria), e le macchinazioni di nemici stranieri, che supportano tali ambizioni, e le utilizzano per la distruzione dello Stato russo».

Sì, perché il Trotsky proposto da ORT accanto a un certo fascino e indiscussa intelligenza si distingue soprattutto per cinismo, presunzione, mancanza di principi. Non solo. L’«operazione Trotsky» dal punto di vista commerciale è giocata soprattutto sul terreno del costume ed è rivolta in primo luogo ai giovanissimi.

«Trotsky, è una vera rock’n’roll star» dice ancora Ernst. E aggiunge: «Se si pensa al design dei suoi occhialini, ai suoi giubbotti di pelle nera, al suo treno corazzato sembra di essere dentro a una storia cyber-punk».

«Le mie studentesse ne sono rimaste affascinate» ci spiega Giovanni Savino, napoletano, professore all’Università di russo da molti anni. Per Boris Kolitsky tutto questo potrebbe causare addirittura un effetto boomerang: «L’immagine del rivoluzionario duro e sessualmente aggressivo potrebbe essere molto attraente per i giovani russi. Tra demonizzazione e sacralizzazione oggi c’è davvero poca differenza».

Così a distanza di pochi giorni dalla programmazione della serie, sono apparsi nei negozi t-shirt e altro merchandising sul rivoluzionario comunista. «Ed ecco che il supereroe Lev diventa un affascinante oppositore di Capitan America» sottolinea Igor Molotov, giornalista attento ai mutamenti del gusto del pubblico giovanile.

Chissà se lo sarebbe mai immaginato lui, il vero Trotsky, di diventare un’icona pop della Russia del XXI secolo.

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