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Trivella selvaggia geotermica

Trivella selvaggia geotermicaPaesaggio toscano – 2017 iacomino FRiMAGES/Shutterstock

Ambiente Liberalizzazione del settore e pioggia di incentivi pubblici rischiano di trasformare il sud della Toscana in una grande miniera. A scapito delle produzioni vitivinicole e agroalimentari di qualità della Maremma e dell'Amiata.

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 13 agosto 2016

Ora hanno preso posizione anche i produttori del Morellino di Scansano, del Docg Montecucco, del Bianco di Pitigliano, della Dop dell’olivastra seggianese. Con loro ambientalisti di ogni ordine e grado, allarmatissimi di fronte al pericolo di veder trivellata l’area di Montecastelli Pisano dove c’è l’incantevole Masso delle Fanciulle, nella riserva naturale della Foresta di Berignone. Ne è passata di acqua sotto i ponti dal primo storico distretto geotermico dell’alta Val di Cecina, con gli insediamenti industriali di Pomarance, Larderello e Castelnuovo Val di Cecina. L’avvio dello sfruttamento di quella che, nel senso comune, è una forma di energia pulita e rinnovabile. Una ricchezza per la collettività. E soprattutto per chi – Enel in testa – ne ricava energia.
Ma è davvero così? Per certo lo sviluppo dello sfruttamento geotermico in Toscana è cresciuto esponenzialmente. Sono stati rilasciati numerosi permessi di ricerca geotermica, e di costruzione di centrali pilota, in un territorio che dall’alta Val di Cecina si è allargato a dismisura, e che oggi va dal Monte Amiata alla Maremma, passando per le Colline dell’Albegna.
Da Arcidosso a Castel del Piano, da Abbadia San Salvatore a Piancastagnaio, fino ad arrivare a Civitella Paganico, Manciano, Sorano, Roccalbegna, Orbetello, Scansano e Magliano, sono più di venti i comuni che si sono trovati coinvolti nella “caccia alla geotermia” da parte di aziende private. Spinte a fare ricerche con la liberalizzazione del settore, e grazie a una pioggia di incentivi pubblici.
A buttare il carico da undici è stato, al solito, Matteo Renzi, che ha rilanciato l’obiettivo del raddoppio della produzione geotermica in Toscana. L’ente Regione si sta adeguando. Ma decine di comitati locali, molti imprenditori agricoli e anche (a mezza bocca) qualche amministrazione hanno alzato la voce, contro quel distretto geotermico che, un pezzetto alla volta, sta prendendo forma.
Ad esempio, nella zona docg del Morellino di Scansano sono arrivate ben cinque aziende che hanno chiesto permessi di ricerca. A tappeto, sull’intero territorio comunale. Inevitabile la costituzione del Comitato Scansano Sos Geotermia, che ha incontrato il capogruppo regionale del Pd, Leonardo Marras. Con il portavoce del comitato Matteo Ceriola, all’incontro c’erano anche imprenditori come Florio Terenzi, Roberto Bossi e Fiorella Ciminaghi. Pronti a denunciare la pericolosità del progetto di un polo industriale geotermico, in una zona vocata all’agroalimentare di qualità e al turismo ambientale.
A riprova, è stato sottolineato come negli ultimi anni nell’Amiata grossetana siano arrivate decine di milioni di fondi pubblici, da sommare agli investimenti privati. Finanziamenti destinati allo sviluppo del settore agroalimentare in un comprensorio che, evidentemente, è ritenuto dall’Ue vocato alla produzione vitivinicola e alimentare di qualità. Attività in solare contrasto con l’impetuoso sviluppo geotermico in atto.
Le risposte di Marras (“Ci ha illustrato l’impegno della Regione – ha spiegato Ceriola – per il coinvolgimento alla copianificazione delle amministrazioni comunali, e una zonizzazione delle aree per individuare quelle non idonee alla costruzione di centrali, citando le zone dop e docg”) non hanno però convinto. Tanto da far chiedere esplicitamente il principio di precauzione, nel caso di richieste di permessi di “ricerca profonda”.
La preoccupazione non è campata in aria. Gli attivisti di Sos Geotermia, in prima linea sul fronte dei critici, hanno civilmente polemizzato con il geologo Mario Tozzi, sostenitore della geotermia. “Quella che si è andata sviluppando in Amiata – denuncia Sos Geotermia – è probabilmente la più sporca a livello planetario, a causa della peculiarità del sottosuolo. Dalle analisi dell’Arpat emerge che la quantità di sostanze climalteranti che fuoriescono, dall’anidride carbonica al metano, sono anche superiori a quelle di centrali a petrolio o a gas di eguale potenza. La rinnovabilità poi è legata alla possibilità di spingere sempre più in basso le perforazioni alla ricerca di nuovi campi. Sono quelli più ricchi di inquinanti, man mano che i bacini superficiali si esauriscono”.

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