Anche se il trend relativo alla qualità dell’aria risulta positivo, il Rapporto annuale dal Sistema nazionale per la protezione dell’Ambiente (Snpa) fa notare che per il particolato fine, il Pm2.5, «risulta superato, nella quasi totalità delle stazioni di monitoraggio, il valore di riferimento annuale dell’Oms (99,7% dei casi) che nelle nuove linee guida è stato ridotto a 5 microgrammi per metro cubo». Non è un caso, quindi, se i valori sono alle stelle in tutta la Pianura padana, causando l’emergenza smog, quella cappa che solo la pioggia attesa per oggi forse potrà spazzare.

Il rapporto, che è stato presentato ieri, offre un’analisi in 21 punti sullo stato dell’ambiente in Italia, per capire quali trend stanno andando nella direzione giusta e quali no, cosa risulta stabile, quali elementi andrebbero migliorati. Tra i segni più figurano le energie rinnovabili (il cui uso è quasi triplicato nel periodo tra il 2004 e il 2020), la raccolta differenziata che raggiunge il 65% su base nazionale, l’agricoltura biologica, che interessa ormai il 18,7% della superficie agricola utilizzata (Sau) e il 7,3% delle aziende agricole. Sono molti, però, i segnali negativi, ciò che non è stato fatto a dispetto delle dichiarazioni roboanti o dell’intestazione addirittura di un ministero alla Transizione ecologica o alla Sicurezza energetica, com’è successo nel penultimo e nell’attuale esecutivo.

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Le emissioni di gas climalteranti, ad esempio, si riducono rispetto al 1990 (meno 20%), ma la diminuzione non è sufficiente: pur superando l’obiettivo europeo fissato per il 2020, sono necessari ulteriori sforzi per raggiungere i nuovi obiettivi al 2030. In più, «dopo la battuta d’arresto dovuta al periodo pandemico, nel 2021 i gas serra hanno visto un incremento dell’8,5% rispetto all’anno precedente», una brutta rincorsa.

Il capitolo consumo di suolo è un altro di quelli in cui l’andamento non va nella direzione auspicabile, come sintetizza lo schema di Snpa: «Dal 2006 al 2022 è aumentato in Italia di oltre 120mila ettari. Nell’ultimo anno, il consumo di suolo netto registrato in Italia è stato in media oltre 21 ettari al giorno, pari a 2,4 m 2 al secondo. Un incremento che allontana ancora dall’obiettivo di azzeramento del consumo netto di suolo, previsto dall’Ottavo Programma di Azione Ambientale, mostrando una preoccupante inversione di tendenza dopo i segnali di rallentamento registrati nel 2020». Produciamo poi troppi rifiuti speciali: rispetto all’obiettivo di ridurre in modo significativo la quantità totale di rifiuti speciali prodotti entro il 2030, in Italia aumenta la produzione. Sono infatti 165 milioni di tonnellate nel 2021, pari a 98 tonnellate per 1 milione di euro di prodotto interno lordo (quasi il 20% in più rispetto al 2010).

Capitolo qualità dell’aria, negativo il segno rispetto al particolato Pm10: anche se tra il 2013 e il 2022 la concentrazione è risultata decrescente nel 45% delle stazioni analizzate, con una diminuzione media del 2,1% annuo, in riferimento all’esposizione al valore limite giornaliero, oltre al lontanissimo obiettivo di raggiungere i livelli raccomandati dall’Oms anche rispettare l’obiettivo previsto dalla normativa su tutto il territorio nazionale sembra difficile. Nel 2022 non è stato rispettato nel 20% dei casi.
Tutte cose note. Ed è per questo che appare fuori tempo massimo il ministro Pichetto Fratin, secondo cui «la conoscenza dei dati ambientali» sarebbe «fondamentale per adottare soluzioni scientifiche e mirate su temi attuali e urgenti, come i cambiamenti climatici, la tutela della biodiversità, l’economia circolare, la difesa del suolo». La scienza invita da decenni a spalancare gli occhi, ma la politica per il momento resta cieca.