Tre giorni di sciopero per i penalisti
A febbraio Critiche al governo a partire dal pacchetto sicurezza
A febbraio Critiche al governo a partire dal pacchetto sicurezza
Tre giorni di sciopero – il 7, l’8 e il 9 febbraio – per i penalisti italiani. Così ha deciso ieri l’Unione delle Camere penali, «a fronte dell’assoluta inerzia dell’esecutivo e del ministero della Giustizia» rispetto alle questioni sollevate nei mesi: dall’ultimo pacchetto sicurezza alla richiesta di sopprimere «le norme inique che inammissibilmente il potere di impugnazione del difensore» passando per la completa assenza di provvedimenti a rimedio del sovraffollamento carcerario, «fenomeno non più tollerabile e per il quale è oramai indispensabile un cambio di rotta radicale».
I penalisti italiani, dunque, «pur prendendo atto di importanti segnali di attenzione del governo verso quelli che sono da sempre obiettivi propugnati dall’Unione delle Camere penali italiane», come il ripristino della prescrizione sostanziale e gli altri interventi in materia penale con l’abrogazione dell’abuso di ufficio e la ridefinizione della fattispecie di traffico di influenze, sottolineano che «se da un lato si afferma di voler contenere l’abuso dello strumento intercettativo, dall’altro si è provveduto ad un abnorme ed irragionevole allargamento del suo utilizzo». I penalisti chiedono poi che «il governo adotti con urgenza misure tecniche immediate al fine di rimediare all’ingravescente fenomeno del sovraffollamento» delle carceri «anche attraverso l’adozione di provvedimenti di clemenza generalizzata quali l’amnistia e l’indulto» e «di porre in campo ogni energia ed ogni risorsa al fine di affrontare con efficacia il terribile fenomeno dei suicidi». Infine «devono porsi le premesse per un cambio di rotta radicale e per un intervento ampio ed organico che recuperi la finalità rieducativa delle pene, che escluda la centralità del carcere».
Sul pacchetto sicurezza, in particolare, i penalisti rilevano che «il suo contenuto, lungi dal porsi in sintonia con un programma di riforma della giustizia in senso liberale, rivela una matrice securitaria sostanzialmente populista e profondamente illiberale caratterizzata da un irragionevole rigore punitivo nei confronti dei fenomeni devianti meno gravi e ai danni dei soggetti più deboli, distinguendosi per l’introduzione di un’iniqua scala valoriale, in relazione alla quale taluni beni risultano meritevoli di maggior tutela rispetto ad altri di eguale natura, in violazione dei principi di eguaglianza e proporzionalità».
Conclude il presidente Francesco Petrelli, entrando nel vivo del discorso sulla riforma della giustizia: «Non possiamo che plaudire alle iniziative nel segno del garantismo ma spingiamo il legislatore ad affrontare una riforma organica più coraggiosa del processo penale che deve essere al più presto restituito al suo originario modello accusatorio».
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