«Trasferimento» imposto, Sky condannata: la sede di Roma torna in discussione
Sentenza del Tribunale del Lavoro I 400 lavoratori trasferiti e i 124 per cui è previsto un licenziamento collettivo tornano a sperare. Il ricorso presentato solo dall'Ugl. I racconti dei ricatti.
Sentenza del Tribunale del Lavoro I 400 lavoratori trasferiti e i 124 per cui è previsto un licenziamento collettivo tornano a sperare. Il ricorso presentato solo dall'Ugl. I racconti dei ricatti.
Lo chiamavano «mutamento volontario della sede di lavoro». In realtà era «un trasferimento» imposto. Grazie ad una sentenza da qualche giorno chiudere sedi di lavoro di punto in bianco senza motivare il perché – moda sempre più in voga grazie al Jobs act – è più difficile per aziende.
La multinazionale dal volto buono e l’inglese d’ordinanza è stata battuta da un piccolo sindacato. Il trasferimento della sede romana di Sky a Milano è stato fatto senza le «comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive». La condanna per comportamento antisindacale emessa dal giudice Laura Baiardi del tribunale del Lavoro di Roma il 22 agosto rimette in discussione la procedura con la quale circa 400 lavoratori saranno costretti a spostarsi a Milano e la procedura di licenziamento collettivo per 124 fra tecnici, impiegati e quadri assieme ai 14 esuberi fra i giornalisti (5 dei quali hanno rifiutato il trasferimento).
Nonostante le pressioni dei lavoratori alla fine il ricorso per comportamento antisindacale è stato presentato solo dall’Ugl, che ha pochissimi iscritti. A cantar vittoria però è soprattutto il «Comitato lavoratori Sky in lotta» a cui aderiscono sia tecnici che giornalisti alcuni dei quali iscritti all’Usb, formatosi il 17 gennaio, il giorno dell’annuncio della chiusura della sede di Roma.
La reazione dei lavoratori fu molto dura: Sky Italia è una azienda in utile che ha deciso di accorpare tutto nella sede di Milano. E lo ha fatto mettendo in atto «un vero far west in cui ogni lavoratore che veniva convocato si sentiva leggere una proposta già stabilita uguale per tutti e molto vicina all’indennizzo massimo in caso di impugnamento del licenziamento (24 mesi) anche se venivi definito K-people, personale indispensabile – spiega sotto vincolo dell’anonimanto un lavoratore che non ha accettato il trasferimento – con poi un ulteriore vergognoso tariffario che accanto a quella che chiamano social mitigation prevedeva incentivi per chi ha più di 55 anni o ha familiari disabili».
Se i sindacati delle comunicazioni Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom e Ugl hanno criticato il comportamento aziendale, la Fnsi dei giornalisti il 6 aprile ha firmato un accordo che aumenta da 27 a 31 il numero di posti rimanenti «nella nuova sede di Roma Centrale Montecitorio» e aumenta gli incentivi al trasferimento.
Per i tecnici il verbale di mancato accordo del 2 agosto ha aperto le porte alla procedura di licenziamento collettivo per 124 lavoratori.
«Il mancato rispetto dell’articolo 57 del contratto nazionale era eclatante – spiega l’avvocato Pierluigi Panici che assiste molti lavoratori e giornalisti di Sky – e io da gennaio avevo invitato tutti i sindacati a presentare il ricorso. Sky non ha mai spiegato le ragioni del trasferimento e non ha aperto le procedure di contrattazione che permettono al sindacato di avanzare controproposte. Ora con questa sentenza la gigantesca operazione di trasferimento viene azzerata così come i licenziamenti che ne derivano. La inottemperanza da parte di Sky farebbe scattare reati penali. In più è un segnale di stop molto importante per altre aziende del settore – Mediaset ma anche Rai – che stavano valutando comportamenti analoghi», conclude Panici.
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