Che cos’è una nazione? Come è possibile interpretare questo concetto al giorno d’oggi? È proprio inevitabile, a riguardo, subire l’influenza della propaganda politica? Sinistra e identità nazionale sono nozioni necessariamente in perenne antitesi? Si tratta di domande che sollevano questioni sulle quali il dibattito sociologico, storico-politologico e politico continua a essere vivace.

MUOVENDOSI AGILMENTE tra teoria politica e storiografia, facendo in particolare riferimento al pensiero del sociologo anglo-irlandese Benedict Anderson, che definisce la nazione una «comunità politica immaginata, intrinsecamente limitata e sovrana», il ricercatore Jacopo Custodi articola questo suo saggio, dal titolo Un’idea di paese. La nazione nel pensiero di sinistra (Castelvecchi, pp, 117, euro 15), in maniera lucida ed esauriente.

Lo studioso vede nell’identità nazionale la presenza di un senso di appartenenza comune assai profondo e di una notevole forza simbolica, e ce ne propone una nuova concezione nell’intento di giungere a formulare in proposito un’idea progressista, nazional-popolare (costruita cioè sul serrato legame con il «popolo-nazione»), inclusiva e solidale.

CUSTODI OSSERVA come da Garibaldi ai Gruppi di Azioni Patriottica, dal Pci ai movimenti no-global, la sinistra possa vantare una lunga tradizione di patriottismo, un sentimento che essa ha declinato in modo evidentemente assai diverso rispetto a quanto fa oggi la destra: non un’Italia chiusa e monoculturale che difende i propri confini dalla cosiddetta «invasione» degli immigrati, ma un paese consapevole e orgoglioso della propria cultura, che si rivela nel contempo aperto al mondo, alla conoscenza dell’altro a all’interazione dinamica con tutto quanto caratterizza quest’ultimo. Dal momento che, scrive l’autore: «La nazione può essere intesa come popolo multietnico e multiculturale, o come comunità basata su una singola razza o una singola cultura».

Vari sondaggi mostrano inoltre come una cospicua percentuale di cittadini europei si identifichi con l’identità nazionale. Motivo in più, sostiene Custodi, perché la sinistra non lasci che siano solo le destre a definire cosa sia l’Italia, cosa significhi farne parte e chi siano davvero i nostri connazionali.

CERTO, suscita qualche perplessità il fatto che l’autore, avendo preso in esame alcuni movimenti della cosiddetta «sinistra radicale», si occupi poco del Partito socialista europeo (Pse), dell’italiano Pd e dei partiti socialisti spagnolo e tedesco – i quali, per consenso elettorale e struttura organizzativa, sembrano essere i soggetti maggiormente in grado di sfidare la destra sul terreno della contro-narrazione relativa al concetto di nazione. Un’analisi della quale si sente dunque la mancanza.

Per concludere: suddiviso in cinque densi capitoli, questo breve saggio possiede il pregio – non trascurabile – tanto della chiarezza quanto della profondità. La riflessione di Custodi merita attenzione soprattutto da parte di coloro che, in particolare a sinistra, non rinunciano a ragionare con serietà – oltre gli slogan e i luoghi comuni – sulla maniera più efficace di reagire a quanto viene sostenuto da una destra che va facendosi, in nome della cosiddetta italianità, sempre più aggressiva. Una tale narrazione va contrastata in maniera decisa, proprio svelandone tutte le ipocrisie, le miserie, le rozzezze per mirare alla realizzazione di una comunità solidale che senta un legame affettivo nei confronti della propria terra e rifiuti ogni forma di esclusione e di emarginazione.