Tossicità periferiche
Storie Nella desolata periferia romana, la storica comunità terapeutica per tossicodipendenti «La Tenda» rischia lo sfratto. In quei locali, la Asl vuole un Serd. Ma il quartiere è contrario. Il pugno duro della Regione Lazio di Rocca, a contrattazione aperta per la sede
Storie Nella desolata periferia romana, la storica comunità terapeutica per tossicodipendenti «La Tenda» rischia lo sfratto. In quei locali, la Asl vuole un Serd. Ma il quartiere è contrario. Il pugno duro della Regione Lazio di Rocca, a contrattazione aperta per la sede
A un paio di chilometri da quella «fettuccia di paradiso stretta tra la Tiburtina e la Nomentana, terra di Mammuth, tute acetate, corpi reclusi e cuori grandi», come Zerocalcare ha definito nel suo iconico murales il quartiere di Rebibbia – quadrante est di Roma – c’è un’altra «fettuccia» simile, in cui «manca tutto, non ci serve niente». A ridosso del Gra, tra palazzoni di periferia, svincoli stradali ad alto tasso di prostituzione e spazi abbandonati, nel nulla quasi assoluto interrotto soltanto dal recente progetto del primo Polo 0-6 della Capitale, resiste ormai da 26 anni una comunità terapeutica semiresidenziale per tossicodipendenti convenzionata con il Sistema sanitario regionale che rischia di scomparire. «La Tenda» è stata piazzata lì nel 1997 ma nasce negli anni Ottanta, in stretta «risonanza con le fragilità di un territorio che avanzava sempre più richieste di sostegno», come spiegano gli stessi responsabili della Onlus.
ERANO ANNI IN CUI l’eroina era diventata emergenza sociale e nascevano i primi centri di recupero. «Alla base di queste nuove realtà vi era la tendenza ad emarginare, a separare il fenomeno dal tessuto sociale, si iniziavano così a contrapporre le prime battaglie per l’integrazione, per cercare di tenere dentro i confini della città i consumatori, e inserire nel percorso di recupero anche le loro famiglie e il contesto di appartenenza». E le mamme del vicino Tiburtino III non avevano altro mezzo che riunirsi in strada per coordinarsi e chiedere aiuto alle istituzioni. «Per quelle madri e attiviste venne messa a disposizione una tenda, come punto di incontro e di riferimento delle loro attività. E da quella esperienza nasce nel 1983 l’Associazione La Tenda», racconta lo psicoterapeuta Marco Bruci, responsabile della Comunità che nel 2021 venne anche invitata dall’allora ministra pentastellata con delega alle droghe, Fabiana Dadone, alla VI Conferenza nazionale sulle dipendenze di Genova, come esempio di buone pratiche.
IN VIA DEL FRANTOIO 58/62, nel IV Municipio, la Comunità semiresidenziale, inizialmente con 20 posti per adulti di cui un terzo riservato a detenuti sottoposti a misure alternative o ai domiciliari, è arrivata nel 1997 su richiesta esplicita della Asl Rm 2 (allora Rm B) che chiese uno scambio con la loro prima sede di via Mozart – locali dello Iacp regolarmente affittati e pagati da «La Tenda» dal 1983 – offrendo alla Onlus l’attuale sede (di cui la Regione, dal 2020, ha acquisito il «diritto di proprietà»). Da allora però, per una serie di ritardi burocratici, errori di comunicazione e contrattuali da parte della Asl, e forse anche per problemi economici della Comunità, i “contributi spese” richiesti all’Associazione per via del Frantoio non sono stati regolarmente pagati e, dopo un primo richiamo nel 2013 (con tentativo di accordo e di rateizzazione del debito), il 28 giugno scorso la stessa Asl che riconosce «La Tenda» come struttura accreditata ha intimato alla Onlus di pagare entro 90 giorni tutto e per intero il debito pregresso (62 mila euro), e di lasciare i locali. Ciò che ha sorpreso tutti è stata soprattutto l’improvvisa accelerazione e i toni perentori assunti dalla Asl, che si giustificano solo con il cambio di colore politico della Regione Lazio, passata nell’ultima tornata elettorale a Francesco Rocca (candidato prescelto da Giorgia Meloni), che ha tenuto per sé la delega alla Salute e ha nominato un nuovo direttore amministrativo dell’Azienda Rm2.
IN QUELLO STABILE l’Asl vorrebbe trasferire un Serd, ma l’iniziativa non trova il supporto né delMunicipio né del quartiere. Dove invece la Comunità terapeutica gode di stima e apprezzamento, guadagnato con anni di lavoro anche dell’unità di strada per la riduzione del danno. L’ultimo progetto per il quale la Onlus ha ottenuto un finanziamento prevede l’uso della Climbing therapy (psicoterapia biodinamica che si avvale della parete di arrampicata) come strumento riabilitativo per gli utenti della comunità e preventivo per gli adolescenti. «L’associazione ha sempre avuto un buon rapporto con il territorio, si era trovato un equilibrio nei servizi – spiega al manifesto il minisindaco dem Massimiliano Umberti – Inoltre non crediamo sia il caso di trasferire il Serd proprio nelle vicinanze del primo Polo per l’infanzia 0-6 di Roma, sul quale il IVMunicipio sta mettendo 4 milioni di euro. In quell’area dovrà poi nascere anche l’ospedale di comunità». Sempre che non sia tra quelli tagliati dal governo Meloni con la rimodulazione del Recovery Plan, ma questa è un’altra storia.
A SOSTENGO della Comunità romana si è mobilitato anche il Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia: «Uno dei principali problemi che il sistema penitenziario ha, a Roma e in Italia, è la capacità di accoglienza sul territorio di persone con particolari fragilità sociali, a partire da chi ha bisogno di assistenza e sostegno sociosanitario – sottolinea il portavoce dei Garanti territoriali – Non è possibile, quindi, che sia messa a rischio un’esperienza importante come quella della Tenda che da decenni accoglie, in alternativa alla detenzione, persone con problemi di dipendenze che vengono dal carcere». Una realtà da salvaguardare – al punto da chiamarla in audizione in Campidoglio a fine agosto – anche per la vicepresidente della Commissione politiche sociali, Tiziana Biolghini, a cui si deve l’ingresso di Roma Capitale nella «rete nazionale degli Enti locali per una politica innovativa sulle droghe, Elide», insieme ai comuni di Bologna, Torino, Milano, Napoli, Bari. «Mi auguro che il Presidente Rocca voglia tutelare questa importantissima esperienza terapeutica – conferma Biolghini – che è riuscita negli anni a dare risposte di qualità e di inclusione sociale accompagnando chi fa uso di droghe ad uscire dal tunnel. Non possiamo permetterci di perdere un patrimonio di tale rilevanza sociosanitaria».
Valorizzare una piccola comunità di periferia sembra poca cosa, ma è un Mammuth da contrapporre con orgoglio alla tossicità delle periferie.
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