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Torture in carcere negli Emirati, ma palazzo Chigi ferma la denuncia

Torture in carcere negli Emirati, ma palazzo Chigi ferma la denunciaAndrea Costantino

Roma/Abu Dhabi Il governo Meloni sconfessa per interessi politici l'imprenditore milanese Costantino

Pubblicato più di un anno faEdizione del 7 giugno 2023

I rapporti con gli Emirati, ricchi e potenti, non si toccano. Si potrebbe riassumere così la decisione del governo Meloni di prendere le distanze dall’imprenditore milanese Andrea Costantino che si è rivolto a uno studio legale statunitense al fine di ottenere un risarcimento per le torture fisiche e psicologiche che ha detto di aver subito nei mesi trascorsi nelle carceri di Abu Dhabi. La nota diffusa da Palazzo Chigi è molto chiara: «Le dichiarazioni e le iniziative giudiziarie annunciate da Andrea Costantino nei confronti degli Emirati Arabi Uniti non sono condivise dal governo italiano che coglie l’occasione per ringraziare gli Emirati per la collaborazione dimostrata nel caso, prova dell’amicizia con l’Italia». Una scelta quella italiana che è dettata dalla realpolitik, frutto degli interessi economici e dei rapporti di sicurezza con la monarchia del Golfo. E che ricorda quelle fatte da precedenti governi italiani per l’assassinio in Egitto di Giulio Regeni.

La vicenda di Costantino, 51 anni, ha inizio nel marzo 2021 quando fu arrestato all’ingresso di un hotel di Dubai, davanti alla compagna e alla figlioletta di tre anni, e rimasto negli Emirati per 21 mesi, prima nella famigerata prigione di massima sicurezza Al Wathba, a cui Amnesty International ha dedicato non pochi dei suoi rapporti, e poi confinato nell’ambasciata italiana ad Abu Dhabi, senza poter tornare in Italia fino allo scorso dicembre. In cella Costantino ha fatto lo sciopero della fame e urlato la sua innocenza ricevendo in cambio, così racconta, abusi e torture.

Al trader non sono mai state rivolte accuse precise. A un certo punto si è parlato di «finanziamento del terrorismo» ma l’ipotesi è apparsa subito poco credibile. Costantino si è convinto di aver subito una vendetta per il blocco della vendita di armi italiane agli Emirati e all’Arabia saudita, parziale nel 2019 per decisione del primo governo Conte e poi totale, a partire dal 2021, durante il secondo mandato del presidente del consiglio pentastellato. Il governo Meloni ha «sistemato» la questione revocando il divieto di esportazione di armi e Andrea Costantino così è tornato a casa. Deve però ancora risarcire lo Stato italiano che a dicembre ha pagato la «cauzione» per la sua scarcerazione: più di 500 mila euro, poi ridotti della metà dalle autorità di Abu Dhabi. In più i nostri servizi ora gli consigliano vivamente di non portare avanti la sua richiesta di risarcimento per gli abusi e le torture subite nel Golfo. «Perché potrebbe creare problemi con il partenariato con gli Emirati, problemi economici, questa la loro preoccupazione», ha raccontato l’imprenditore a Ofcs Report.

Sullo sfondo ci sono gli Emirati che dietro la loro immagine brillante nascondono gravi violazioni dei diritti umani. L’ultimo rapporto di Amnesty International riferisce che nella monarchia del Golfo la libertà di espressione è ampiamente limitata, che la critica al governo e il dissenso politico sono vietati e giornalisti, attivisti e difensori dei diritti umani sono sbattuti in carcere spesso senza un processo equo e senza accesso a un avvocato difensore. Chi ha avuto la fortuna di tornare libero ha riferito di maltrattamenti fisici e psicologici durante l’interrogatorio, di abusi sessuali, privazione del sonno, umiliazioni e minacce. Uno dei casi più emblematici è quello di Ahmed Mansoor, un attivista per i diritti umani e vincitore del premio Martin Ennals. Arrestato per aver criticato il governo sui social e condannato a dieci anni di prigione, Mansoor ha denunciato di essere stato ripetutamente torturato dai suoi carcerieri.

 

 

 

 

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