Politica

«Toghe contro Meloni». Ma l’assalto non c’è

Arianna Meloni (Ansa)Arianna Meloni – Ansa

Il caso Il complotto contro la sorella d’Italia Arianna sbatte contro la realtà: inchieste sempre morbide e tanta prudenza da parte dell’Anm. Sin qui nemmeno uno sciopero contro la riforma della separazione delle carriere

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 20 agosto 2024

È la storia del pistolero che spara i suoi colpi contro il muro e poi ci disegna un bersaglio attorno. Domenica mattina, sul Giornale, Alessandro Sallusti scrive allarmato che ci sarebbe un clamoroso complotto per cui l’asse del male «giornali-sinistra-procure» avrebbe messo «nel mirino» Arianna Meloni, la sorella della premier e attuale responsabile della segreteria politica di Fratelli d’Italia. «Vogliono indagarla», scrive il giornalista che, da caporedattore del Corriere della Sera, nel novembre del 1994 piazzò in pagina lo scoop dell’avviso a comparire per Silvio Berlusconi nell’ambito dell’inchiesta Telepiù della procura di Milano.

CHI DI PRECISO vorrebbe colpire Arianna Meloni non è chiaro. Il perché, però, è presto detto: il giro di nomine di Stato nel quale la donna che formalmente guida il primo partito della maggioranza di governo certo ha voce in capitolo. Il reato ipotizzato (da Sallusti) è quello del traffico di influenze illecite, peraltro recentemente depotenziato dalla riforma Nordio.
E così, a Ferragosto appena passato, mentre le vacanze sono ancora in corso tra spiagge e masserie, torna il grande classico dello scontro tra politica e magistratura. Solo che questa volta l’assalto delle toghe non c’è. O, se c’è, proprio non si vede. Basta ripercorrere a ritroso le cronache non solo giudiziarie degli ultimi due anni per accorgersene: tutte le inchieste che, per un motivo o per l’altro, hanno riguardato esponenti del governo (o della maggioranza) sono state un modello di prudenza requirente. L’elenco è facile da fare: nonostante il grande numero di indizi rilevanti raccolti, la ministra del Turismo Daniela Santanchè non è stata ancora rinviata a giudizio per il caso Visibilia (e lei giusto domenica si è detta convinta che non succederà mai). E poi: il sottosegretario Andrea Delmastro finirà a processo per il traffico di documenti riservati di detenuti al 41bis solo perché l’ha deciso il gip di Roma, mentre la procura era per archiviare tutto senza tante storie. Ancora: il caso di Leonardo La Russa e della scheda sim intestata a suo padre Ignazio si è risolto da veri gentiluomini, con la consegna spontanea dei dispositivi informatici, senza che gli investigatori milanesi ne disponessero il sequestro, cosa che avrebbe creato più di un grattacapo al governo e a chi, a vario titolo, ne fa le veci. La vicenda Toti, pur tra le mille critiche per la troppo lunga detenzione domiciliare a cui è stato sottoposto l’ormai ex governatore della Liguria, non è mai stata un vero inciampo per Meloni e compagnia, così come l’inchiesta per le tangenti a Venezia si segnala non solo per la gravità dei fatti emersi dalla laguna, ma anche per la delicatezza con cui si è mosso il procuratore Bruno Cherchi.

SI POTREBBE andare avanti con altri fattarelli che negli anni ruggenti del berlusconismo sarebbero stati campi di battaglia ma che adesso praticamente non fanno rumore. E se lo spettro del fu cavaliere e della sua lunghissima guerra con le toghe viene evocato ancora oggi come precedente del presunto agguato in fieri contro Arianna Meloni, si dimentica fatalmente di dire che la magistratura organizzata non è più quella di una volta. La corrente di maggioranza all’Anm è Magistratura Indipendente, la destra giudiziaria, che ha avuto tra i suoi più autorevoli esponenti quell’Alfredo Mantovano che ora fa il sottosegretario a palazzo Chigi e che sulle questioni della giustizia conta molto più del ministro competente, il confuso Carlo Nordio. Del resto non è un mistero per nessuno che l’Anm stia vivendo una fase di debolezza politica con pochi precedenti: nei mesi in cui si parla della separazione delle carriere – arma di fine di mondo che nemmeno Berlusconi è mai davvero riuscito a proporre – i magistrati faticano anche a organizzare uno sciopero e le proteste, pur annunciate, vengono di volta in volta rimandate in attesa di stagioni migliori. Che non si sa se arriveranno: a torto o a ragione i sondaggi di opinione testimoniano che gli italiani vivono un periodo di scarsissima fiducia nel sistema giudiziario e in caso di scontro aperto con «la politica» non ci sarebbero le grandi levate di scudi dei tempi che furono.

E FORSE la chiave è proprio questa: l’attacco preventivo ai giudici è il cerchio da fare intorno agli spari casuali contro il muro, perché la vera cifra dell’intera storia politica di Giorgia Meloni, del suo partito e ora pure del suo governo è il vittimismo, il gridare al complotto, il far credere che se le cose vanno male non è per incompetenza, scarsa perizia o inabilità politica ma perché i poteri forti, oscuri per definizione, si sono messi in mezzo.

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