È stato palazzo Chigi a dare la notizia che il presidente della Repubblica ha ricevuto per un lungo colloquio, ieri a pranzo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Con la puntualizzazione che l’interlocuzione tra Quirinale e governo rientra nella fisiologia della vita istituzionale, del tutto pleonastica. Non mancano le occasioni nelle quali capo dello stato e presidente del Consiglio possono parlarsi anche a quattro occhi, giusto martedì sono stati assieme alla festa dell’aeronautica. E se in quella circostanza Meloni era troppo impegnata a posare da aviatrice e a farsi acclamare dai bambini, la settimana prima era stata ricevuta al Quirinale con altri ministri per un colloquio in preparazione del Consiglio europeo.

Quella di ieri è stata invece «una lunga conversazione, svoltasi in un clima di cordialità e collaborazione», secondo le poche indicazioni che arrivano dal Quirinale. Lunga, di almeno due ore. Non così lunga da rendere del tutto impossibile la presenza di Meloni a Udine per la chiusura della campagna elettorale di Fedriga, dal momento che la premier può fare affidamento sui voli di stato, ma evidentemente la presenza sul palco accanto a Tajani, Salvini e al candidato leghista non era un’assoluta priorità per Meloni (che ha ripiegato sul collegamento). D’altra parte, proprio l’insistere sulla durata imprevista dell’incontro per giustificare il forfait in Friuli (ma due ore per un pranzo non sono così tante) smentisce che si sia trattato di un appuntamento quasi di routine. Non era programmato da tempo, tant’è che Meloni doveva essere altrove.

In ogni caso è stato il primo incontro del genere, non riservato e a tutto campo, dalla nascita del governo cinque mesi fa. Evidentemente per il presidente della Repubblica una serie di questioni andavano affrontate senza altri rinvii. Con l’obiettivo, dal quale il capo dello stato non si è mai spostato, di cercare di ridurre gli ostacoli dal cammino del paese. Ostacoli che in questo momento arrivano soprattutto dal rapporto con l’Europa. La prima preoccupazione di Mattarella, esposta in pubblico otto giorni fa nel discorso della «stanga», è il ritardo nell’attuazione del Pnrr.

ercoledì La Stampa ha scritto che sull’argomento al capo dello stato è arrivata una preoccupata telefona del commissario europeo Gentiloni. Lo scarico di responsabilità quotidiano che i ministri del governo Meloni fanno sul governo precedente naturalmente, per il presidente, non avvicina di un millimetro la soluzione. Senza contare che può suonare anche un filo irritante su quel Colle che, com’è noto, ha condotto per mano il governo Draghi. Poco dopo aver lasciato il Quirinale, Meloni ne ha parlato in pubblico: «Il Pnrr non lo abbiamo scritto noi, stiamo facendo un lavoro certosino per cercare di renderlo compatibile con le priorità nuove, a partire dal tema della sicurezza energetica». Per il capo dello stato l’importante è non perdere risorse.

Tanti gli altri temi del colloquio, dal codice degli appalti al fisco. Mattarella ha fatto precedere la convocazione al Quirinale dalla notizia che ha deciso di firmare senza alcuna osservazione, come invece il governo temeva, il decreto legge che ha introdotto a sorpresa un altro condono per gli evasori. Il presidente lo ha promulgato rapidamente, giovedì sera, per consentire alle nuove agevolazioni sulle bollette di sostituire le vecchie in scadenza oggi. Nessun richiamo dunque, come invece c’era stato quando il capo dello stato ha firmato un mese fa il decreto Milleproroghe. Sul punto è ancora la presidente del Consiglio a dover rassicurare il Quirinale, spiegando come riuscirà a convincere la sua maggioranza e il suo partito a desistere dal regalo che è stato fatto ai titolari di concessioni balneari che, come ha detto il presidente, risulta vietato dalle regole europee e dalle leggi nazionali.

A proposito di richiami, Mattarella non può dimenticare quelli con i quali accompagnò la firma ai decreti Salvini ai tempi del Conte uno, ora che la Lega sta tentando di riportare in vita, con emendamenti, le norme contro la protezione speciale. «Solidarietà, altruismo e apertura verso gli altri sono il vero spirito dell’Italia», ha trovato il modo di ricordare il presidente in una cerimonia che si è tenuta al Quirinale. Subito prima del pranzo con Meloni.