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The Donald sempre più contrario all’«Iran deal» ma il Gop non lo segue

The Donald sempre più contrario all’«Iran deal» ma il Gop non lo segueDonald Trump durante un briefing con i vertici militari Usa alla Casa bianca – Reuters

Trumptruppen Entro il 15 ottobre il Congresso dovrà decidere se ripristinare le sanzioni o provare a negoziare con Teheran per discutere di eventuali modifiche all’accordo

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 7 ottobre 2017

A pochi giorni dalla «ricertificazione» dell’Iran deal, sembra che Trump voglia ignorare il parere dei suoi consiglieri per la sicurezza nazionale, rifiutandosi di certificare l’accordo e riaprendo così un dibattito politico sull’Iran, che, tuttavia, non avrebbe necessariamente l’effetto di chiudere il patto fatto da Obama.

TRUMP ha spesso ridicolizzato l’accordo con l’Iran, ma ora, decidendo di non certificare la conformità al trattato da parte dell’Iran, di fatto rimanderebbe la decisione al Congresso che avrebbe 60 giorni per decidere se ripristinare le sanzioni economiche punitive o meno.

Al momento ci sono pochi segnali che il Congresso voglia seguire questa strada in quanto, non solo tutti i democratici, ma anche molti repubblicani, sembrano non avere alcuna volontà a riguardo, almeno per ora. In questo modo, però, Trump, sempre barcollante nei sondaggi, potrebbe salvare la faccia con i suoi supporter a cui potrà dire di averci provato e di essere stato tradito dal Congresso, dai democratici e dall’establishement. In questo modo nasconderebbe la realtà, perché se si cancellasse l’accordo gli Usa otterrebbero come risultato quello di isolarsi dagli alleati che non vogliono sabotare un patto che l’Iran sta rispettando.

I FUNZIONARI della Casa bianca hanno dichiarato che il presidente non ha ancora formalmente deciso di «decertificare» l’accordo, ma si trova di fronte alla scadenza incalzante del 15 ottobre, e durante l’assemblea generale Onu, due settimane fa, Trump ha definito l’accordo «imbarazzante».

Questa strategia è anche dettata dallo sforzo da parte dell’amministrazione Trump di ridefinire il patto con l’Iran non limitandolo al solo accordo sul nucleare, ma cercando di includere pressioni su altri fronti, come il programma missilistico, il sostegno a gruppi militanti come Hezbollah e l’intervento nella guerra civile siriana a nome del governo di Assad. Al momento l’amministrazione Trump deve ancora formulare questa strategia più ampia e di conseguenza l’accordo sul nucleare rimane il fulcro della relazione con l’Iran, e il Congresso dovrà decidere se ripristinare le sanzioni che potrebbero affossare il patto o cercare di far sì che l’Iran e le altre parti coinvolte, tornino al tavolo delle trattative per apportare modifiche all’accordo.

QUESTO È L’APPROCCIO favorito da molti repubblicani come il senatore Tom Cotton dell’Arkansas, che è emerso come uno dei più impegnati su questo tema, e che lavora a stretto contatto con la Casa bianca. I democratici non sostengono questa posizione e affermano che Trump dovrebbe solo certificare l’accordo, in quanto la capacità dell’amministrazione di fare pressioni su l’Iran, mettendo in discussione il futuro dell’accordo verrebbe compromessa anziché rafforzata.

UN ALTRO ASPETTO da tenere in considerazione è la crisi con la Corea del Nord con la quale Washington dovrebbe negoziare un qualche patto sul nucleare; sabotando l’Iran deal il messaggio che verrebbe mandato ai nordcoreani è che i patti stipulati con gli Stati uniti, anche se rispettati, hanno un valore relativo.

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