A sei mesi esatti dalle ultime elezioni in Irlanda del Nord in cui per la prima volta il partito repubblicano Sinn Féin ha ottenuto la maggioranza relativa, a Belfast l’atmosfera è tuttora sospesa. Questo a meno di due mesi dalla pubblicazione del censimento che sancisce il sorpasso demografico dei cattolici sui protestanti.

Il principale partito unionista, il Dup, continua infatti a bloccare la formazione di un governo misto che, secondo gli accordi del Venerdì Santo del 1998, vedrebbe per la prima volta come Premier proprio il capo di Sinn Féin nel Nord, Michelle O’Neill.

La pretesa unionista è che il governo britannico metta mano prima al cosiddetto protocollo nordirlandese, negoziato con Bruxelles e approvato da Londra e dallo stesso Dup di allora. Il protocollo serve a evitare il ritorno a un confine fisico tra le due Irlande, spostando di fatto la frontiera doganale nel mare che separa l’isola dal Regno Unito. Prevede dunque controlli sulle merci soltanto negli sbarchi portuali.

Le tensioni, alimentate nei mesi passati dallo stallo confusionale del governo britannico a guida Tory, si sono fortemente acuite in questi giorni. Una settimana fa ha iniziato a circolare una lettera minacciosa, firmata dal “Loyalist Communities Council” e approvata dalle leadership delle maggiori formazioni paramilitari lealiste Uda e Uvf.

La lettera parla di un ricorso alla violenza settaria qualora il governo britannico non implementi il ritorno a un confine materiale tra Nord e Sud. È questo per loro l’unico esito auspicato, una volta che verrà revocato o modificato il protocollo d’intesa tra Uk e Ue.

Nella missiva ci si scaglia poi contro le presunte interferenze del governo di Dublino in merito allo status dell’Irlanda del Nord, minacciando serie conseguenze ai “progressi ottenuti a partire dal 1994”, anno dei primi cessate il fuoco.

Il comunicato dimentica, tuttavia, tanti dati di fatto cruciali. Il primo è che le suddette formazioni lealiste non hanno mai rispettato davvero i vari cessate il fuoco, provocando negli la morte di decine di persone e proseguendo nel fomentare e attuare azioni violente e criminali.

In secondo luogo, si glissa sul fatto che il governo di Dublino, sempre secondo gli Accordi del Venerdì Santo, un trattato internazionale, ha voce in capitolo sulle sorti dell’Irlanda del Nord, sebbene a dare le carte, nel percorso che potrebbe innescare un cambiamento della sorte costituzionale del paese è sempre il Regno Unito. Gli accordi prevedono, infatti, che sarà possibile convocare un referendum sulla riunificazione o meno alla Repubblica soltanto allorché Segretario di Stato britannico per l’Irlanda del Nord “riterrà probabile che la maggioranza degli elettori esprima il desiderio che l’Irlanda del Nord smetta di essere parte del Regno Unito e si unisca a un’Irlanda unita”. È una formula ambigua, ma che alla luce dei risultati elettorali e di quelli del censimento finisce per aumentare le ansietà degli unionisti.

Secondo il comunicato, l’interventismo di rappresentanti del governo di Dublino sta attualmente fomentando la rabbia delle comunità unioniste. In realtà, da vari esponenti politici della repubblica, e anche da Sinn Féin, sono giunte sempre e soltanto rassicurazioni sul fatto che i componenti della comunità unionista non saranno mai trattati come dei cittadini di serie B, a differenza di quello che è avvenuto con la comunità repubblicana-nazionalista nell’ultimo secolo.

I paramilitari lealisti ritengono che il dialogo in corso tra Londra e Dublino sul futuro del Nord sia “la goccia che ha fatto traboccare il vaso”. Di qui il loro comunicato incendiario, che finora non ha ricevuto alcuna condanna da parte del Dup.

Uno degli storici comandanti dell’Uvf, Billy Hutchinson, denunciando le tensioni crescenti, ha chiesto di ascoltare la voce degli unionisti “prima che sia troppo tardi”. Sinn Féin, per voce di uno dei più importanti rappresentanti nel Nord, Gerry Kelly, ha definito questa escalation verbale “pericolosa e detestabile”, ricordando che nonostante i 25 anni trascorsi dagli accordi di pace, le squadracce lealiste non hanno mai mandato in soffitta le loro pratiche criminali, che includono uccisioni mirate, intimidazioni, estorsioni e minacce.

Il governo di Dublino, per voce del ministro degli esteri Simon Coveney, ha ribadito che i principi del Venerdì Santo, da cui è nato di diritto il processo di pace, non sono negoziabili, e che non si lascerà intimidire da “gruppi che non riflettono la vasta maggioranza dell’opinione pubblica in Irlanda del Nord”.

Da Londra non sono pervenute condanne chiare del ricatto paramilitare. È un comportamento ambiguo che riflette l’incertezza mostrata in questi giorni anche riguardo la data delle prossime elezioni nel Nord. Per legge, infatti, in assenza della possibilità di formare, entro il 28 ottobre, un governo misto, è necessario indire nuove elezioni per il parlamento di Stormont a Belfast.

I prossimi giorni ci diranno se il governo britannico ha intenzione di rompere l’impasse o se intende temporeggiare ancora.