Tappa alla Regione Lombardia: la sanità deve cambiare
Sanità Dopo la bocciatura del referendum prosegue la battaglia delle associazioni
Sanità Dopo la bocciatura del referendum prosegue la battaglia delle associazioni
C’era anche Don Luigi Ciotti tra il migliaio di persone che ieri si sono ritrovate a Milano davanti alla sede della Regione per difendere la sanità pubblica con lo slogan «La sanità lombarda deve cambiare». «Non una manifestazione conclusiva, ma una tappa fondamentale della battaglia che abbiamo intrapreso con la proposta di Referendum parzialmente abrogativo della legge regionale sanitaria e contro la cui illegittima bocciatura stiamo predisponendo il ricorso al Tar» ha detto Vittorio Agnoletto, portavoce di un ampio cartello di cui fanno parte Medicina Democratica, Cgil, Osservatorio Salute, Acli e Arci.
La prima rivendicazione è il referendum che «smonterebbe» la riforma sanitaria regionale Maroni-Moratti assai favorevole ai privati. Il consiglio regionale ne ha negato la legittimità ma Agnoletto è ottimista su un possibile ribaltamento della decisione. Tra i punti più urgenti il medico e attivista ne segnala altri due «da raggiungere entro sei mesi». «Primo, un solo Centro unico prenotazioni per tutte le strutture pubbliche e private convenzionate» (cioè private ma rimborsate con soldi pubblici) affinché i servizi gratuiti siano davvero accessibili agli utenti.
«Oggi, anche per prenotare alcuni esami in strutture pubbliche come il S. Paolo bisogna recarsi all’ospedale» spiega. La questione è di attualità: la manovra 2024 punta sulla medicina convenzionata per accorciare le liste d’attesa, ma le strutture private preferiscono usare i loro canali per convogliare l’utenza verso i servizi a pagamento. In secondo luogo, Agnoletto chiede di «vietare la pratica del medico a gettone», cioè il reclutamento di sanitari in subappalto da società esterne da parte degli ospedali pubblici a costi esorbitanti. Per non creare buchi nei servizi, aggiunge, è necessario prevedere per questi medici «canali di rientro nel Servizio sanitario nazionale».
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