Questa mattina, alla Camera, il ministro degli Esteri Antonio Tajani informerà i deputati sulla situazione di Ilaria Salis, l’italiana da un anno detenuta a Budapest e accusata di aver preso parte all’aggressione di tre militanti neonazisti.

Lunedì Roberto Salis, il padre della ragazza, ha incontrato prima Tajani poi Carlo Nordio per chiedere loro un intervento diplomatico – nello specifico una lettera per assicurare la sorveglianza della donna da allegare alla richiesta ai giudici ungheresi di autorizzare la sua custodia cautelare in Italia -, ma si è sentito rispondere di no. Tajani, intercettato dai cronisti ieri a Montecitorio, è tornato sulla vicenda dicendo di «comprendere bene le preoccupazioni del padre» di Salis, ma «stiamo già facendo il massimo».

Tajani e Nordio hanno inoltre sostenuto davanti al padre di Ilaria Salis di non poter in alcun modo interferire sulle faccende giudiziarie ungheresi. Anche qui, però, c’è chi la vede diversamente, come il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia: «Non si tratta di dire ai magistrati ungheresi assolvete o scarcerate, ma le condizioni carcerarie sono compito dell’esecutivo, non c’entra nulla l’indipendenza e l’autonomia della magistratura. Non è vero che anche da noi capita che imputati vengano portati incatenati ai polsi e ai piedi. È capitato forse 40 anni fa ma non in quel modo, non davanti a un giudice, da noi si sta davanti al giudice in libertà». Il riferimento è alla tristemente famosa scena dell’ingresso in tribunale di Ilaria Salis: ammenettata, con gli schiavettoni ai piedi e con una cinta stretta in vita collegata a un guinzaglio.

Sul punto il garante italiano diritti delle persone private della liberta ha avviato una serie di interlocuzioni con le istituzioni europee che si occupano di diritti umani e dei detenuti. Il Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti ha formalmente rassicurato l’organismo di garanzia italiano. E’ stato lo stesso presidente del Cpt Alan Mitchell a confermare di star seguendo «con particolare attenzione» ogni sviluppo relativo alle questioni evidenziate, sia nel contesto delle sue visite in Ungheria, sia nel dialogo in corso con le autorità ungheresi. Giuseppe Salis e gli avvocati di sua figlia, intanto, studiano le prossime mosse: oltre a un ricorso alla Cedu per le terrificanti condizioni di detenzione della donna, si valuterà anche se e come formulare una richiesta per gli arresti domiciliari.

«Se anche li dovessero concedere ed io e mia moglie andiamo in Ungheria prendendo la residenza si deve ricordare che nei ‘giorni dell’onore’ ci sono stati numerosissimi attacchi da parte di nazisti, anche colti sul fatto, e questi soggetti sono stati liberati dopo due giorni. C’è una tolleranza diversa sui reati compiuti da antifascisti e non… Insomma rischiamo di trovare i nazisti sotto casa che ci aspettano». E ancora: «L’ultima chance è Mattarella? Non lo so. Facciamo uno scambio di prigionieri, vado io a posto di mia figlia. Bisogna trovare una soluzione».