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Tajani e Salvini litigano sulle alleanze in Europa. E Meloni tace

Antonio Tajani e Matteo Salvini foto AnsaAntonio Tajani e Matteo Salvini – foto Ansa

Post voto austriaco La Lega: «Bellissimo risultato». Fi: «Rigurgiti neonazisti». Da FdI parla solo l’eurodeputato Fidanza: «No all’alleanza degli sconfitti»

Pubblicato circa 5 ore faEdizione del 1 ottobre 2024

Più della baruffa tra Antonio Tajani e Matteo Salvini sulla vittoria dell’estrema destra in Austria, spicca il silenzio di Giorgia Meloni. È la leader di un partito per molto tempo e su diversi dossier affine all’Fpo di Herbert Kickl. È la premier di un Paese alleato dell’Austria: pur se non dovuto un commento era logico aspettarselo. Non è arrivato e non arriverà. La faccenda è spinosa: il partito di Kickl rappresenta tutto quello da cui la premier italiana mira a smarcarsi, specchio oscuro di un passato da dimenticare, di ombre da fugare. Inoltre i Popolari, oggi i principali alleati e quasi protettori dell’underdog italiana, hanno scelto il cordone sanitario. Non sarebbe opportuno stappare lo champagne per un partito messo all’indice anche dai Popolari.

Dunque Meloni sceglie di non commentare: «Non sarebbe corretto da parte di un capo di governo» spiegano da Chigi glissando sui complimenti che il «capo di governo» non esitò a elargire a Marine Le Pen in circostanze simili. Ma qualcosa FdI deve pur dire e se ne incarica Carlo Fidanza, capo degli eurodeputati. Abile, la gira in modo da portare acqua al mulino di Giorgia: «Partito della Libertà e Popolari raccolgono più del 55% dei voti. Per quanto rivali hanno già governato insieme e mi auguro che possano riprovarci. L’alternativa sarebbe l’ennesima alleanza degli sconfitti: farebbe il gioco della sinistra e di solito non porta bene». Nessun brindisi trionfale ma una lancia spezzata per quell’alleanza tra Popolari e Destra che resta l’obiettivo strategico della premier in Europa.

Brinda invece e fino a inebriarsi con le bollicine Salvini. Lo si può capire. Il partito di Kickl, pur essendo non meno ma più oscurato della AfD tedesca dall’ombra neonazista, fa parte dei Patrioti, l’eurogruppo di Orbán e Salvini. Non è stato messo alla porta come i cugini germanici: «Bellissimo risultato per i nostri alleati», esulta radioso. Tanto più che i fratelli austriaci saranno a Pontida domenica per la sagra annuale diventata stavolta europea dopo la richiesta di condanna a quattro anni per il leghista.

Tajani non solo veleggia in direzione opposta ma va giù particolarmente pesante: «Ogni rigurgito neonazista va respinto. Serve un governo a guida popolare che escluda il Partito della Libertà». Non è solo una linea opposta a quella di Salvini come si poteva prevedere facilmente sin dalla vigilia. È anche una posizione in contrasto netto con quella di FdI nonostante il leader azzurro condivida in pieno l’orizzonte della premier, quello dell’alleanza tra Ppe e destra. Ma c’è destra e destra e con questa destra il Ppe ha deciso di evitare ogni collaborazione, nonostante nel passato abbia fatto più volte la scelta opposta, tanto che lo stesso Kickl è già stato ministro. Ma una cosa è avvalersi di un alleato minore, un’altra ritrovarselo in veste di capo del governo, senza contare il peso che inevitabilmente esercita la situazione nella vicinissima Germania, dove la contrapposizione tra Popolari e AfD è frontale.

La disposizione su tre posizioni diverse e confliggenti dei tre partiti della destra italiana è palese ma non creerà alcun problema in una coalizione che ha il suo punto di forza proprio nella capacità di reggere con notevole elasticità non solo le divisioni ma anche i conflitti. Come non ne creerà il braccio di ferro in corso, più puntuale nel quadro nazionale, sulla tassa per gli extraprofitti delle banche sulla quale Tajani continua a mettere un veto inaggirabile e alla fine, probabilmente, la spunterà lui. Il problema, per la premier italiana, è invece sullo scacchiere europeo.

L’ambizione di Giorgia è porsi come anello di congiunzione tra i Popolari e una destra tanto forte da non condannarla al ruolo ingrato di cespuglio del Ppe. Ma finché il grosso della destra europea è considerata impresentabile in Europa, e fa ben poco per scrollarsi di dosso lo stigma, quell’ambizione è destinata a restare una chimera.

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