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Taglio e zitti, riforma pronta per gli spot elettorali

Taglio e zitti, riforma pronta per gli spot elettoraliIl presidente della camera Fico

Alla camera Non ammessi tutti gli emendamenti per allargare la discussione, oggi il voto finale sulla riduzione di un terzo dei parlamentari. Serviranno poi altri due passaggi, il primo al senato e il secondo alla camera, ma in mezzo ci sono le europee che possono cambiare tutto

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 8 maggio 2019

Taglio netto dei parlamentari, da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori. Cifra tonda. Per «risparmiare sulle poltrone» fino a «500 milioni a legislatura» (ma è una cifra gonfiata). Non solo, anche per «aumentare il prestigio dei parlamentari» e per «rendere più efficienti i lavori delle due camere». Con questi argomenti i 5 Stelle – la Lega procede, silenziosa, a rimorchio – si avviano a raccogliere l’asso per gli ultimi giorni di campagna elettorale. Addirittura una riforma costituzionale a metà percorso, approvata nell’identico testo sia al senato che alla camera. A palazzo Madama è accaduto, senza troppo clamore, a febbraio. A Montecitorio il giorno del voto finale è oggi.

Serviranno poi, passati tre mesi, altri passaggi di nuovo al senato e poi alla camera. Ma tutto questo avverrà dopo le elezioni europee che sono per la politica lo spartiacque tra il mondo noto e quello ignoto. Anche questo spiega il surplace. Pochi credono che la riforma possa arrivare a conclusione e parte dell’opposizione immagina che, nel caso, ci sarà tempo più avanti per opporsi. Forza Italia e Fratelli d’Italia, come già al senato, pur avanzando un bel po’ di critiche al disegno di legge, o nascondendosi dietro un silenzio impenetrabile, stanno votando a favore assieme a Lega e 5 Stelle. L’hanno già fatto al senato. Questo dovrebbe garantire alla legge una maggioranza enorme, superiore ai due terzi, ma all’atto pratico non succede perché in molti preferiscono semplicemente assentarsi .

Il Pd è adesso saldamente contrario. Non tanto per ragioni di merito, la premessa di ogni intervento è che il partito è favorevole a un taglio dei parlamentari, anche più drastico. Ma perché la riforma è un intervento «misero, minimale». O come sostengono i grillini e il ministro Fraccaro, ispirati dalla migliore dottrina costituzionalistica, «circoscritta e puntuale». Si interviene sul numero dei parlamentari ma solo su quello, non sulle funzioni delle camere per differenziarle (come aveva tentato la fallita riforma Renzi-Boschi), non sull’elettorato attivo e passivo che resta diverso per camera e senato. Gli emendamenti presentati su questi punti dal radicale di +Europa Magi e dai democratici Ceccanti, Migliore e Giorgis sono stati ritenuti inammissibili. Il presidente della camera Fico lo ha ribadito ieri e si è anche arrabbiato per le accuse di faziosità arrivate dai banchi del Pd: «Osservazioni gravi e prive di fondamento». Ma nella polemica sia i 5 Stelle che il Pd nascondono una parte di verità.

I grillini non potevano accettare che fosse messo in votazione l’emendamento che abbassa a 18 anni l’età per votare al senato, una riforma altrettanto popolare di quella che taglia i parlamentari. Avrebbero dovuto votare contro per non compromettere la doppia approvazione conforme, perdendo così lo spot elettorale. Fraccaro invece è già partito: «Il Pd al senato ha votato contro – ha ricordato ieri – auspico che tutte le forze politiche possano condividere il provvedimento nel metodo e nel merito». Sa benissimo invece che proprio l’ostinazione a non ammettere gli emendamenti per allargare il perimetro della discussione offrirà al Pd il gancio per votare contro, giustificando così una scelta che anche i dem temono sia impopolare. Fico ha motivato l’inammissibilità in maniera tale che il Pd sta valutando di fare ricorso alla Corte costituzionale (adesso aperto a ogni singolo deputato). Magi si è visto rifiutare un emendamento di una riga che interveniva solo sullo stesso articolo 56 della Costituzione che è al centro della riforma: una possibile violazione del regolamento della camera che considera inammissibili solo gli emendamenti «relativi ad argomenti affatto estranei a quelli oggetto della discussione».

Preclusa la discussione su ogni altro argomento diverso dal sì o no al taglio dei parlamentari – delle «poltrone» – non si parla neanche del sicuro taglio alla rappresentanza: i partiti più piccoli faticheranno a mandare un solo rappresentante in parlamento. Così le votazioni scivolano via veloci. Due mezze giornate basteranno per una riforma storica della Costituzione: 64 emendamenti presentati, sedici dichiarati inammissibili, uno precluso. Ieri ne sono stati votati, e bocciati, 26; oggi ne restano 21 poi le dichiarazioni di voto finali. E l’esultanza su Facebook, certo. Nel giorno di Siri è quel che ci vuole.

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