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Superare i campi rom

Superare i campi romUn bambino nel campo rom di via Salone a Roma – Foto di Andrea Sabbadini

Diritti Negati Nella Giornata internazionale dei diritti l’associazione 21 luglio presenta il sito che mappa gli insediamenti in Italia e il modello per lavorare con i Comuni per dare casa e dignità. Oltre alle nefaste politiche securitarie di sgombero, molti sindaci virano verso la codeterminazione: progetti ad hoc per aiutare chi vive nelle baracche puntando sull’ascolto

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 9 aprile 2022

Indesiderati, respinti. Poi ghettizzati e sgomberati. Mai considerati cittadini. Su rom e i sinti – «gli zingari» – in Italia c’è stata e c’è una continua mistificazione alimentata da un razzismo latente. Per superarla l’unico modo è usare il metodo scientifico e mostrare la realtà cruda dei fatti e lavorare insieme a loro e a tutte le istituzioni per migliorarla. È la strada – non semplice – intrapresa dalla «21 Luglio», associazione romana che prende il nome dal triste giorno di qualche anno fa in cui una bambina ha subito abusi e maltrattamenti dalle istituzioni che avrebbero dovuto tutelarla.

NELLA GIORNATA INTERNAZIONALE dei diritti dei rom è stato presentato al Senato un nuovo progetto multimediale che mappa la situazione lungo tutta la penisola. Un sito internet dal nome molto significativo: ilpaesedeicampi.it. L’Italia è infatti stata definita così nel 2000 dall’European Roma Rights Centre perché sul continente è connotata per i campi: veri ghetti etnici riservati a rom e sinti già dagli anni ’70 ma soprattutto dopo le emigrazioni post dissolvenza della Jugoslavia.

Il sito – dopo un lungo lavoro di raccolta di dati, contatti e fonti – mappa e aggiorna in tempo reale gli «insediamenti formali» in Italia. Con un dato sconvolgente per i non addetti ai lavori: «Negli insediamenti vivono 13.400 persone. I rom in Italia, secondo il Consiglio d’Europa, sono circa 180 mila: quindi solo un rom o un sinto su 13 vivono nei cosiddetti campi rom. La stragrande maggioranza vivono in abitazioni convenzionali. Specie i giovani che però si nascondono a causa dell’antiziganismo, un razzismo latente», spiega Carlo Stasolla, fondatore e presidente della «21 Luglio».

Sulla mappa dell’Italia il sito mostra i 45 campi rom abitati da 7.128 persone. L’insediamento più grande si trova a Roma, a via Candoni, fuori Magliana, zona ovest, dove vivono 795 persone. La massima concentrazione è però nell’area metropolitana di Napoli, con 8 insediamenti e 1.336 persone. Al Nord più campi ma più piccoli e gestibili, come le «aree di sosta» in Emilia-Romagna. A Pisa, Gioia Tauro e Cosenza ci sono invece- sempre isolati – «quartieri di case popolari realizzati appositamente» per 930 rom. A Brescia e a Napoli gli unici due «centri di raccolta rom», dove risultano presenti 218 persone. Sono invece 66 i «campi sinti», etnia storica in Italia, abitati da 4.814 persone con il più grande a Pavia, con 265 persone.

IL SITO MAPPA ANCHE LE CHIUSURE di campi – la prima nel 2015 ad Alghero, 26 quelle dal 2018 – non tutte positive: a parte quelli sgombrati in nome della sicurezza salviniana, a Napoli Barra o a Catania durante la pandemia a chiudere i campi hanno pensato un incendio e un’alluvione, senza ricollocazione per chi ci abitava. E così il fenomeno degli insediamenti «informali» – specie sotto i ponti e lungo i fiumi – è in aumento.

MEGLIO CONCENTRARSI sui campi «in superamento” – 21 in questo momento – , vero obiettivo dell’agire della «21 luglio» che ha messo in atto un vero e proprio «metodo di consulenza» per le amministrazioni locali di tutta Italia – dal Veneto a Lamezia Terme – che vogliono realmente affrontare il problema dando dignità alle persone.

«Talvolta – continua Carlo Stasolla – si amplificano strumentalmente i numeri per invocare l’emergenza, altre volte invece si tende a diminuirli per enfatizzare l’impatto, ritenuto positivo, di politiche espulsive. È meno evidente, perché Covid e guerra distraggono molto l’opinione pubblica, ma l’antiziganismo c’è, pronto a riaffiorare in qualsiasi momento. E i campi rom contribuiscono a generare e alimentare il fenomeno. Infatti, dove i campi non sono presenti il livello di razzismo è molto più basso in quanto, evidentemente, nasce anche per intolleranza verso questi luoghi».

LA CHIAVE PER SUPERARE i campi è la «codeterminazione»: un lungo processo di ascolto e responsabilizzazione di chi nei campi vive per trovare una strada condivisa verso una nuova vita in una casa di mattoni. «Non servono approcci speciali né uffici dedicati – spiega la coordinatrice di «21 Luglio» Agnese Vannozzi – . Fondamentale è partire da processi di coprogettazione calibrati su ogni singolo insediamento e che coinvolgano i residenti. E prevedere politiche sociali che mirino a sviluppare percorsi inclusivi strutturati sulle esigenze dei singoli nuclei familiari».

UN PROCESSO CHE NECESSITA del coraggio e della pazienza di sindaci, assessori, dirigenti comunali senza dimenticare le necessarie risorse – infinitesimali rispetto alla spesa per le armi – che il governo centrale deve mettere loro a disposizione.
«Il problema principale è contrastare l’antiziganismo e vedere i rom non come un problema ma come una risorsa – afferma Triantafillos Loukarelis, direttore dell’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, diretta emanazione della Presidenza del consiglio – . Per fortuna proprio in questi giorni chi va alla Biennale di Venezia visiterà un padiglione dedicato ai rom. Quanto alla mappatura della 21 Luglio, con cui collaboriamo proficuamente da anni, è uno strumento fondamentale. Ad esempio sapere che ci sono ancora due Centri di raccolta per Rom e Sinti è inquietante e non degno di un paese civile. Ora stiamo per presentare la nuova Strategia che si baserà sui pilastri di scuola, abitazione, lavoro, codeterminazione per superare i campi. Sempre pronti ad accogliere i rom ucraini che fatalmente arriveranno in Italia come profughi di guerra».

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