La rassicurazione di palazzo Chigi, che arriva a metà pomeriggio, non basta. L’ala destra della maggioranza non si accontenta e sfida Draghi persino sul fronte della fiducia, se il premier deciderà di forzare la mano e provare a far passare così la delega sul fisco. «Il governo non ha alcuna intenzione di aumentare le tasse. Nessuno pagherà più tasse, il governo non tocca le case degli italiani e lo stesso sarà per affitti e risparmi», garantisce palazzo Chigi dopo la rissa sfiorata nella notte nella commissione Finanze di Montecitorio, dopo che il presidente Luigi Marattin aveva gettato la spugna e rimesso nelle mani di Draghi ogni decisione sul cosa fare: «Le riforme non si fanno votando 24 contro 24. Ho ritenuto necessario avvertire palazzo Chigi che le condizioni sono mutate e che ho annullato tutte le convocazioni della commissione».

LEGA E FORZA ITALIA non si fidano delle promesse di palazzo Chigi e tanto meno si piegano al monito di Letta: «Non ci sarà innalzamento delle tasse. Basta col terrorismo comunicativo. Lega e Fi si rendano contro che fanno parte della maggioranza». Niente da fare. Giacomoni, uno dei più vicini a Berlusconi, fa rullare i tamburi: «Forza Italia non medierà mai sui princìpi. Per noi la casa è sacra come la difesa dei risparmi». «Non vogliamo la crisi ma se cediamo al ricatto ora dovremo cedere sempre», spiega una dirigente azzurra. Salvini riunisce i suoi consiglieri economici e i capigruppo: la decisione è di andare avanti ma senza cercare la crisi. È presente anche Giorgetti il governista e concorda sul no alla delega fiscale. Salvini e Berlusconi si sentono al telefono, decidono di tenere duro, chiedono un incontro col premier che si svolgerà la settimana prossima, probabilmente martedì.

LEGA E FI martellano poi per tutto il pomeriggio. «Introdurre il sistema duale nel regime fiscale italiano è un’ipotesi lunare», tuonano i leghisti Bitonci e Gusmeroli. «Il Pd nega la realtà per tassare casa e risparmi», rincara il capo dei senatori Romeo. Si getta nella zuffa anche il numero due di Fi Tajani: «Noi difendiamo la casa degli italiani. Il Pd pensa alla patrimoniale». Il clima già incandescente si arroventa di ora in ora e nonostante Salvini provi a stemperare, «Con Draghi e Mattarella troveremo una soluzione», alla fine è Letta a mettere sul tavolo il rischio della caduta del governo: «È assurdo che si mettano le condizioni per una potenziale crisi». È infatti evidente che se Draghi mettesse la fiducia e metà della sua maggioranza votasse contro, come Lega e Fi promettono di fare, le dimissioni del premier sarebbero inevitabili.

I NODI CONCRETI della contesa sono di per sé difficilmente resolubili. La destra insiste perché la commissione esprima un parere vincolante e non solo consultivo sui decreti attuativi della delega, ipotesi che governo e ala sinistra della maggioranza ritengono irricevibile: «Tanto varrebbe fare una legge normale invece della delega», sbotta Marattin. Il sistema duale, Irpef progressiva e aliquota unica per tutti gli altri redditi, è bollata come patrimoniale travestita. Il governo non ha per il momento ipotizzato ufficialmente alcuna percentuale ma in ogni caso le aliquote proporzionali, secondo Lega e Fi, dovrebbero uniformarsi a quella unica e questo implicherebbe un aumento della tassazione sia sui Bot che sugli affitti. Infine il vero nodo principale, quello della riforma del catasto che soprattutto Fi, nonostante il governo abbia già ottenuto la maggioranza in commissione sia pur di misura, non intende accettare.

L’IPOTESI DI STRALCIARE le voci più contese per il momento è esclusa da palazzo Chigi. Una decisione sulla fiducia non è stata presa e si sta considerando l’ipotesi di una fiducia articolo per articolo in modo da permettere alla destra di smarcarsi solo sul nodo del catasto. Sarebbe un escamotage col respiro cortissimo La vera incognita è cosa voglia fare Draghi, che le voci da palazzo Chigi descrivono come decisamente irritato e che secondo alcuni sarebbe pronto a levare le tende di fronte a una maggioranza così riottosa. Ma se anche uscirà indenne dall’ordalia del fisco, sulla sopravvivenza della maggioranza, con rapporti ormai così logorati, nessuno più scommetterebbe molto.