Economia

Su Ita i sovranisti fanno gli interessi di Lufthansa

Su Ita i sovranisti fanno gli interessi di LufthansaUn aereo Alitalia sovrasta uno di Lufthansa – Foto Ansa

Cieli Precari La denuncia senza senso del governo Meloni. La reazione al niet di Bruxelles all’ad tedesco Eberhart nasconde le follie dell’operazione voluta proprio dal diktat della Vestager che impose totale discuntinuità da Alitalia ora sbugiardata dai tribunali che reintegrano i lavoratori in nome della cessione di ramo d'azienda

Pubblicato circa un anno faEdizione del 12 settembre 2023

Fra tutti gli attacchi che il governo Meloni poteva fare alla commissione Europea quello sui ritardi della risposta sull’ingresso di Lufthansa in Ita è il meno comprensibile. Ancor di più perché è stato tirato in ballo il commissario all’Economia Paolo Gentiloni che nulla a che fare con il dossier.

Paradossale diventa la sortita di Meloni e Giorgetti se si pensa che il governo patriota e sovranista sta facendo il gioco e gli interessi di quella Germania che invece cerca di combattere sul nuovo Patto di stabilità e il ritorno alla più stretta austerità.

Il nervosismo di Giorgetti è comunque più che giustificato. È stato il ministro leghista a decidere di puntare tutto sulla soluzione Lufthansa, facendo marcia indietro rispetto al suo predecessore Daniele Franco che aveva invece scelto il fondo americano Cerberus. Una virata che ha portato però a una lunga trattativa con pochi precedenti al mondo. Lufthansa infatti si trova nell’incredibile posizione di forza di comandare in una società in cui sarà azionista di minoranza: il «Memorandum of understanding» firmato a maggio prevede che i tedeschi mettano soli 325 milioni per avere il 41% della compagnia nata sulle ceneri di Alitalia (ma decollata con il 99% di aerei e di dipendenti della vecchia compagnia di bandiera) potendo esprimere l’amministratore delegato con pieni poteri.

Proprio la richiesta del Mef- ancora azionista unico – alla Commissione europea di nominare il tedesco Joerg Eberhart, ex amministratore delegato di Air Dolomiti, come nuvo ad di Ita ha portato a rendere tesi i rapporti con Bruxelles.

Il diniego informale dell’Antitrust europeo è facilmente spiegabile: perché il governo italiano deve nominare un uomo Lufthansa a capo di una compagnia ancora totalmente di sua proprietà senza attendere il via libera all’ingresso dei tedeschi da parte di Bruxelles?

Meloni e Giorgetti in esplicito non riferiscono questo episodio ma denunciano i ritardi di Bruxelles. Ritardi che però sono dovuti a ragioni non politiche che riportano a Daniele Franco. La inamovibile e potentissima Margrethe Vestager, da un decennio commissaria per la Concorrenza, si è candidata alla presidenza della Banca europea degli investimenti – un classico: una liberista che fa finta di fare la keynesiana – e per questo si è messa in aspettativa dal suo ruolo fino alla nomina per la quale l’altro candidato è proprio Franco, a sottolineare la continuità fra il governo Draghi e quello Meloni.

Per questo motivo, la competenza sulla Concorrenza è temporaneamente passata al commissario alla Giustizia, il belga Didier Reynders. L’accusa del governo italiano è che a bloccare il via libera all’ingresso di Lufthansa in Ita siano gli interessi di AirFrance, gigante concorrente dei tedeschi. Ma al momento in mano a Giorgetti e ai suoi ci sono solo congetture che si basano sul raffronto con trattative precedenti: «Ci hanno fatto troppe e strane richieste», è il refrain.

Da Bruxelles invece si continua a dire che i tempi sono quelli previsti per questo tipo di operazioni societarie e si dà per scontato un via libera, seppur condizionato.

E proprio queste «condizioni» sono la vera paura di Lufthansa. A partire dagli slot: i permessi di volo. Come anticipato dal manifesto, gli slot di Linate sono ambitissimi perché l’aeroporto milanese è decisivo, specie per le compagnie low cost: EasyJet e Wizzair hanno già denunciato la posizione dominante che avrebbe Lufthansa, mentre Ita si è accaparrata con un solo euro tutta Alitalia, compresi slot del valore di milioni di euro l’uno.

Ma questo scempio è giustificato dal diktat di Bruxelles che impose la nascita di Ita in «totale discontinuità con Alitalia». I tribunali del Lavoro di Roma e Milano, utilizzando il contratto segreto di acquisto reso pubblico dal manifesto, lo hanno sbugiardato iniziando a reintegrare i lavoratori Alitalia in nome della cessione di ramo d’azienda e la continuità aziendale. Vedremo quando se ne accorgeranno anche Giorgetti e Meloni.

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