Si sono incatenati alle cancellate di corso Duca degli Abruzzi, ingresso principale del Politecnico di Torino, per impedire l’accesso per tutta la giornata. Sono nove studenti di ingegneria che hanno portato avanti il blocco a un mese dall’occupazione dell’aula magna, intitolata dagli occupanti a Sufyan Tayeh, rettore dell’Università islamica di Gaza morto per il bombardamento israeliano del 2 dicembre scorso, e dopo settimane di silenzio da parte degli organi alti del Poli.

«Sono settimane che attendiamo risposte dal rettore e dalla governance di ateneo, vogliamo che il Politecnico prenda una posizione anche e soprattutto dopo i recenti attacchi di Rafah e Nuseirat. Continueremo a chiedere l’interruzione degli accordi con Israele e le aziende belliche», fanno sapere gli studenti del gruppo Cambiare Rotta, organizzazione giovanile comunista, da cui è partita l’azione. Accanto uno striscione che recitava: «Il genocidio in Palestina continua. L’intifada non si ferma», insieme a una bandiera della Palestina.

AI VARI INGRESSI che portano all’università sono poi sono stati installati dei checkpoint a simulare le frontiere che la popolazione palestinese deve quotidianamente attraversare all’interno del proprio territorio, uno strumento di controllo e oppressione da parte del governo israeliano.

La mattinata non è trascorsa senza tensioni: alcuni studenti hanno denunciato di essere stati malmenati dalla sicurezza privata messa a presidio dell’ateneo nel tentativo di raggiungere l’ufficio del rettore. La sicurezza privata ha chiamato la polizia che con scudi e manganellate ha spinto gli studenti fuori dagli uffici. Una studentessa è rimasta ferita a un braccio e a un fianco durante la carica.

Con gli studenti si è incatenato per un paio d’ore anche il docente ordinario Massimo Zucchetti, da tempo l’unico tra le file dei professori del Politecnico a essersi esposto sull’argomento, a differenza di quanto è avvenuto per Unito, dove la mobilitazione dei docenti è maggiore. Un gesto di solidarietà che il docente, nominato nel 2015 per il premio Nobel per la Fisica, ha tenuto a spiegare: «Ora sono anch’io un facinoroso dei centri sociali? Vergognatevi, se non fosse per gli studenti, il Politecnico avrebbe fatto una figuraccia. Questa dovrebbe essere un’università, non è un esamificio, non è un carrierificio».

Ed è proprio su questo che Zucchetti chiama tutti i docenti a un’azione non violenta, ma decisa: «Bisogna che il Politecnico diventi un’università decente, ovvero che molti altri come me esprimano la propria opinione: sono favorevole a una moderata azione di convincimento verso l’università israeliane affinché si uniscano a noi nell’appoggiare l’opposizione a questa invasione che c’è a Gaza».

Già dieci anni fa, spiega Zucchetti a il manifesto, «lanciammo un movimento per il boicottaggio delle accademie israeliane e spiegammo anche ai colleghi israeliani che era un modo per fare leva sul loro governo per non essere danneggiati a loro volta. All’epoca aderimmo in otto. Noi siamo di ruolo, non rischiamo nulla, gli studenti rischiano, con provvedimenti disciplinari, con le forze dell’ordine. C’è un totale disimpegno».

ED È PASSATO un mese anche dall’occupazione di Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche. Ieri pomeriggio presidio di fronte al rettorato dell’Università degli Studi di Torino durante il senato accademico in cui si sono discussi – e poi bocciati – i punti portati dagli studenti: trasparenza di tutti gli accordi tra Unito e università israeliane; la rescissione degli accordi accademici con Israele e con le aziende belliche collegate, come Leonardo e Thales Alenia; istituzione di un osservatorio che monitori gli accordi tra l’università e i suoi dipartimenti con soggetti terzi e la cui commissione dovrà essere aperta a tutti, studenti compresi.

Intanto uno dei dipartimenti di Unito, quello di Fisica, dove sempre da un mese si porta avanti quella che è stata chiamata dagli studenti «Intifada studentesca», è stato approvato per primo il boicottaggio accademico nei confronti di Israele in cui, tra gli altri punti, si chiede l’istituzione di un fondo per finanziare studenti, ricercatori e docenti palestinesi perché possano svolgere attività su territorio italiano.