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Strike! Gli sceneggiatori incrociano le penne e bloccano Hollywood

Strike! Gli sceneggiatori incrociano le penne e bloccano HollywoodUn momento delle manifestazioni legate al precedente sciopero del 2007 – foto Ansa

Cinema La decisione dopo il mancato accordo con gli studios sulle paghe in calo, oltre allo spettro dell’intelligenza artificiale. Il primo effetto è la sospensione dei talk show serali, poi toccherà alla produzione delle serie

Pubblicato più di un anno faEdizione del 3 maggio 2023
Luca CeladaLOS ANGELES

Come da copione ampiamente spoilerato nelle ultime settimane, gli sceneggiatori di Hollywood hanno incrociato le penne alle 0:01 di ieri dopo che le negoziazioni con gli studios sono naufragate. Con l’azione del sindacato Wga che rappresenta 11000 e rotti autori, principalmente a Los Angeles e New York, la fabbrica del cinema si è bloccata per la prima volta dal 2007. Allora lo sciopero durò 100 giorni e costò all’industria 2 miliardi di dollari.

IN UN COMUNICATO diffuso ieri il sindacato ha motivato la decisione, preventivamente autorizzata da un voto quasi unanime degli iscritti. «Dopo sei settimane di negoziati con Netflix, Amazon, Apple, Warner Bros, Nbc Universal, Paramount e Sony, il consiglio del sindacato ha deciso all’unanimità di indire uno sciopero a partire dal 2 maggio». La nota ha caratterizzato le controfferte delle case produttrici come «del tutto insufficienti» rispetto alla «crisi esistenziale» affrontata dagli sceneggiatori. Fra le richieste di questi ultimi vi sono l’aumento delle retribuzioni ed una regolarizzazione delle condizioni di lavoro prodotte dal boom dello streaming. Queste riguardano principalmente la mancanza di trasparenza nel calcolo dei diritti di autore legati alle visualizzazioni, da cui gli scrittori dipendono nei periodi che intercorrono fra gli incarichi. Molte serie delle piattaforme usano inoltre mini rooms, squadre ridotte di sceneggiatori rispetto a quelle che erano la norma per le serie destinate all’etere e legano i contenuti alle indicazioni degli algoritmi. Nel complesso i colossi della Hollywood digitale hanno importato da Silicon Valley un efficientismo ed una cultura da gig economy in un’industria dalla lunga tradizione di militanza sindacale.

La Writers Guild, fondata nel 1934 in rappresentanza degli autori, ha promosso storiche lotte a favore della categoria meno pagata e più disprezzata nel sistema produttivo. Le conquiste iniziali ottenute durante il New Deal di Roosevelt (minimi sindacali, diritti d’autore) sono sempre state invise agli studios che pochi anni dopo, durante la caccia alle streghe maccartiste, usarono la black list come strumento di rappresaglia. Nove degli «Hollywood Ten» messi sulla lista nera di McCarthy erano sceneggiatori, molti dei quali attivi nel movimento sindacale.

Il precedente sciopero del 2007, foto Ansa

LE RIVENDICAZIONI della Wga inoltre sono storicamente coincise con momenti di sviluppo tecnologico. Negli anni 80 e 90 le vertenze riguardavano la retribuzione per la distribuzione home video, in decenni successivi la Tv via cavo e il pay-per-view. Poche tecnologie hanno tuttavia avuto un impatto su fruizione e produzione dei contenuti quanto lo streaming. Solo dal 2019 ad oggi l’investimento produttivo degli studios è quadruplicato (da 5 a 19 miliardi dollari l’anno) per effetto della concorrenza per abbonati e l’adozione del modello Netflix da parte delle major, costrette, dalla chiusura delle sale, ad attrezzarsi con piattaforme proprie. L’esplosione nel numero di serie prodotte (solo l’anno scorso ne sono uscite 600) ha in teoria prodotto un proporzionale volume di lavoro per maestranze e creativi, ma alla Wga fanno notare come i compensi non abbiano tenuto il passo. Secondo i dati del sindacato, la paga media degli sceneggiatori sarebbe diminuita del 4% nel corso dell’ultimo decennio. Metà degli autori percepisce oggi il minimo salariale rispetto al solo 33% che prendeva il minimo nel 2013, e i compensi sono in ribasso fisso dal 2019. Ancora un volta quindi le istanze degli autori impiegati dalle grandi piattaforme sono strettamente legate all’evoluzione tecnologica. Tra cui è compresa l’ombra dell’intelligenza artificiale che si allunga sul mestiere dello screenwriter come su molti altri lavori culturali. Sebbene i software di IA non siano ancora in gradi di produrre sceneggiature complete, a Hollywood circolano già da diversi mesi prototipi che potrebbero formulare trattamenti o prime stesure selezionabili via algoritmo, una prospettiva dalle conseguenze potenzialmente dirompenti per il lavoro autoriale. Fra le richieste del sindacato vi è ad esempio il divieto specifico di rewrite basato su scritture artificiali. La possibile introduzione dell’intelligenza artificiale ha implicazioni, inoltre, per il calcolo dei diritti d’autore che in caso di scrittura «automatica» potrebbero esser prerogativa unica dei produttori, una problematica di copyright complessa e ancora tutta da sviluppare ma che rischia di erodere ulteriormente la posizione degli scrittori.

DA IERI POMERIGGIO, da Burbank a Hollywood, sono dunque apparsi i presidi davanti agli storici cancelli degli studios. I primi effetti interesseranno i talk show serali che da subito non disporranno di writers rooms per stilare le battute del giorno. In seguito, se lo stop dovesse protrarsi, ne potrebbero risentire le serie autunnali la cui produzione verrebbe bloccata con potenziale slittamento delle messe in onda. Oltre ai compensi delle maestranze che in solidarietà non attraverseranno i picchetti, e ai fatturati degli studios, ne risentirà infine il vasto indotto legato all’audiovisivo che in una città come Los Angeles ammonta a diversi milioni di dollari.

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