Internazionale

«Stavolta la Palestina ha una difesa, Tel Aviv deve rispondere»

Manifestante con la bandiera palestinese e il volto di Mandela di fronte alla Corte dell’Aja Ap/Patrick Post

La Corte del miracolo Intervista a Zane Dangor, membro del team legale sudafricano che al Tribunale dell’Aja ha presentato l’accusa di genocidio

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 13 gennaio 2024

Raggiungiamo Zane Dangor a poche ore dalla chiusura della seconda udienza all’Aja nel caso Sudafrica vs. Israele. Dangor è direttore generale del Dipartimento delle Relazioni internazionali e della Cooperazione e consigliere speciale del ministero delle relazioni internazionali e della cooperazione del governo sudafricano.

Quali aspetti vuole sottolineare di questo caso?

Ciò che è importante per noi in questo caso, come il nostro team legale ha sottolineato giovedì mattina in dettaglio, è il contesto. Quello che è successo il 7 ottobre è stato atroce e da condannare. Lo diciamo da sempre, come abbiamo fatto ieri, e continueremo a fare, ma il 7 ottobre non può essere considerato separatamente da un’occupazione bellicosa che dura da 76 anni, è violenta, e denota un conflitto in corso. Significa anche che Israele è una potenza occupante che per quanto possa usare i poteri della polizia dentro i limiti previsti dalle Convenzioni di Ginevra, non può usare la forza militare, non può dichiarare guerra alle persone che ha occupato e su cui ha un controllo effettivo. Allo stesso tempo, c’è un’altra questione contestuale che abbiamo esposto ieri: Israele è uno stato «violatore del diritto internazionale». Sappiamo che esiste un contesto descritto come «impunità istituzionale» di cui Israele gode, quasi un’eccezionalità nei sui confronti, che fa sì che si senta di poter violare il diritto internazionale. Sappiamo che portare avanti un caso di genocidio contro Israele non sarà facile data l’impunità istituzionale di cui gode e il sostegno che ottiene. Abbiamo appena saputo, senza sorpresa, che la Germania interverrà al suo fianco. Ce lo aspettavamo perché fa parte di un modello in cui i paesi potenti hanno sempre protetto Israele. In gran parte è questa protezione che ha dato origine al modo, e alla ferocia con cui Israele ha sempre attaccato il popolo palestinese. Perché sanno che la difesa del popolo palestinese è debole.

E di questi due giorni di udienza, specialmente con riguardo all’intento genocida?

Sappiamo che affronteremo delle sfide, ma abbiamo voluto evidenziare la forma in cui la violenza sistemica dal 7 ottobre si sia estesa alla distruzione di persone: 23mila uccisi, per lo più civili, oltre 8mila bambini, e poi donne, anziani, nonostante Israele lo neghi. Abbiamo combinato queste morti civili con la distruzione sistemica dei mezzi di sussistenza come abitazioni, ospedali, cliniche e università. Descriviamo anche molto chiaramente l’intento: la Convenzione determina che l’intento speciale deve essere in atto, affinché sia possibile configurare il genocidio. Il nostro team legale ha sottolineato come le dichiarazioni di politici di alto livello e funzionari governativi, incluso il primo ministro, siano genocide. Questi messaggio sono stati interpretati dai soldati quando hanno ripetuto i riferimenti ad Amalek. Per quanto ieri abbiano cercato di negare la comprensione del contesto, è stato molto chiaro nel momento in cui sono state rilasciate quelle dichiarazioni, e quando è stato affermato che nessuno è innocente. Dicono di riconoscere che queste dichiarazioni sono state fatte, ma che si tratta essenzialmente di retorica senza significato. Dire che le dichiarazioni del proprio primo ministro al di fuori del gabinetto sono solo retorica, è qualcosa a cui si fatica a credere. La dichiarazione di un ministro al di fuori di più gabinetto è unica. Penso che stiano cercando di deviare dal fatto che, malgrado l’intento sia normalmente molto difficile da dimostrare, la nostra tesi è stata scegliere quali decisioni dimostrare.

Un commento sulla risposta israeliana alla questione di giurisdizione e ingerenza?

Hanno trascorso i primi 15 minuti dell’intervento a parlare di Hamas. A incolpare Hamas per l’uccisione dei palestinesi. Abbiamo anche assistito a un tentativo di diminuire i numeri, cosa che la maggior parte delle persone trova piuttosto strana perché i numeri forniti sono stati verificati dalle agenzie delle Nazioni unite e sono affidabili. Quindi si sono concentrati sulla riduzione del danno subito dai palestinesi e nell’incolpare Hamas di tale danno. Nessuna responsabilità riguardo l’alto numero di civili uccisi. Come se un danno collaterale di tale portata debba essere previsto. Ascoltare esperti studiosi, giuristi internazionali, rimandare la discussione alla Convenzioni di Ginevra e alle leggi di guerra è allarmante. Ma anche questo fa parte del tipo di impunità istituzionale di cui stiamo parlando. Tornando alle morti civili, adottiamo un approccio secondo cui se Israele dice che sta prendendo di mira Hamas, ma le uccisioni di civili sono così tante, si può solo supporre che: o le forze di difesa israeliane sono incompetenti, o lo stanno facendo deliberatamente, con cognizione di causa e intenzione. L’esercito israeliano è tutt’altro che incompetente. Hanno le  attrezzature più sofisticate al mondo. Sono il quarto esercito meglio equipaggiato al mondo. Qualunque cosa stiano facendo lo fanno intenzionalmente come abbiamo dimostrato ieri.

In alcuni momenti sembrava di assistere a una deviazione dei soggetti in giudizio.

La cosa interessante  è che, per la prima volta in qualsiasi spazio internazionale, a Israele viene chiesto di rendere conto del proprio operato, per la prima volta non gli è stato dato un pass gratuito. Alle questioni palestinesi è stato concesso lo stesso tempo, tre ore, che è stato dato a Israele. Per la prima volta la questione palestinese veniva presentata da alcuni dei più importanti avvocati internazionali del mondo. Ecco perché diciamo che quello a cui abbiamo assistito in questi due giorni è uno choc per il sistema. Il modo in cui si può sminuire  è iniziare a parlare del perché il Sudafrica stia facendo questo, affermando che abbiamo dei doppi intenti. È quasi una consuetudine, la necessità di attribuire intenzioni diverse da ciò per cui lo abbiamo fatto, che è la ricerca di giustizia per il popolo palestinese.

Quali sono le aspettative sulla celerità della Corte nell’emettere una decisione?
 Sappiamo che un caso di genocidio può richiedere molto tempo nel merito. Ma abbiamo anche sostenuto che mentre il merito viene dibattuto, discusso e deliberato dalla Corte, abbiamo bisogno di misure provvisorie. Servono in primo luogo a garantire che non si verifichino più danni. Bisognerebbe ordinare a Israele di fermare le sue attività militari che danno origine alle azioni che riteniamo genocide. Allo stesso tempo abbiamo anche bisogno che i corridoi umanitari vengano aperti, dato che la situazione umanitaria è stata descritta dai funzionari e dai capi delle Nazioni unite come una delle peggiori che abbiano mai visto. Non stiamo parlando di eventi del passato, ma che accadono oggi. Gli omicidi continuano, le preoccupazioni umanitarie aumentano, la situazione può solo peggiorare.
Che aspettative avete sulla risposta della comunità internazionale?

L’intera Organizzazione degli Stati islamici ha espresso sostegno, Lega araba, Brasile, Colombia, Cuba, Malesia, Indonesia, paesi grandi e piccoli. Dall’Africa ci aspettiamo moltissime dichiarazioni di sostegno. Sappiamo che la Giordania entrerà nel gruppo  e ci aspettiamo che altri si uniscano a noi subito dopo la conclusione delle udienze e la definizione delle misure provvisorie. 

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