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Spie ebree contro Israele, da Klingberg a Mordechai Vanunu

Spie ebree contro Israele, da Klingberg a Mordechai Vanunu

Israele Mosca ottenne materiali segreti sulle ricerche di armi chimiche a Ness Ziona

Pubblicato 18 giorni faEdizione del 20 settembre 2024

Si chiama Moti Maman, ha 73 anni ed è un cittadino israeliano ebreo residente ad Ashkelon l’uomo che secondo i servizi di sicurezza israeliani sarebbe stato reclutato dall’intelligence iraniana per assassinare il primo ministro Benyamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant, l’ex premier Naftali Bennett e altri alti funzionari dello Stato. Maman è stato arrestato circa un mese fa ed ora è sotto processo. La notizia diffusa dalle autorità mercoledì sera è stata rilanciata con enfasi dai media israeliani nelle stesse ore in cui in Libano regnano caos e paura per le esplosioni di cercapersone e walkie-talkie di Hezbollah attribuite al Mossad israeliano.

Come Maman, un anziano uomo d’affari, si fosse organizzato per compiere l’assassinio del premier e di leader politici protetti 24 ore su 24 da numerose guardie del corpo e da strette misure di sicurezza, la polizia e i servizi di sicurezza non l’hanno spiegato. Si è appreso solo che ha vissuto in Turchia per un lungo periodo mantenendo contatti con cittadini turchi e iraniani. E che ad un certo punto sarebbe andato a Teheran dove gli è stato chiesto di svolgere missioni in Israele, tra cui la consegna di fondi e armi ad altri agenti.

Le perplessità non mancano. Per le autorità israeliane l’arresto dell’uomo d’affari sarebbe la prova della abilità dell’intelligence iraniana nel reclutare spie nello Stato ebraico. In questa storia poco chiara l’elemento più interessante è che Maman è un ebreo. Israele spesso annuncia di aver scoperto e arrestato presunte spie al servizio dell’Iran, ma si tratta sempre di palestinesi o arabi. Tuttavia, non sono mancate in passato storie di israeliani ebrei che hanno passato, talvolta per anni, informazioni a servizi di intelligence stranieri.

Il caso più clamoroso è quello di Marcus Klingberg, un ingegnere del centro di ricerche (anche militari) chimiche e batteriologiche di Ness Ziona, a circa 20 km chilometri da Tel Aviv. Ebreo polacco, con la famiglia sterminata a Treblinka, Klingberg fuggì in Russia all’inizio della Seconda guerra mondiale diventando un medico dell’Armata rossa. A Mosca rimarrà fedele per sempre anche dopo essere emigrato nello Stato ebraico. Per anni, dagli anni ’50 fino a metà degli anni ’80, il dottor Klingberg passò informazioni ai sovietici, in particolare sulla tossina Fusarium di cui era un esperto, su quanto si studiava a Ness Ziona sui gas nervini, come tabun, sarin e VX e agenti inabilitanti. Poi all’improvviso svanì nel nulla, di lui non si seppe più nulla per anni. Si disse che era «fuggito» in Russia. Klingberg invece non era scomparso.

Nel 1983 era stato arrestato e condannato a 20 anni di carcere, di cui dieci in isolamento. In prigione gli fu dato un falso nome, Abraham Grinberg, e una falsa professione: direttore di una rivista di scienze sociali. Solo nel 1993, dopo il crollo dell’Unione sovietica, il governo israeliano ammise che Klingberg era in prigione. E nel 2003 gli fu concesso, a condizione che non parlasse mai del suo lavoro segreto a Ness Ziona, di lasciare Israele e di andare in esilio a Parigi dove sarebbe morto nel 2015.

Nelle sue memorie spiegò di aver spiato per conto dell’Urss «senza mai prendere denaro» perché sentiva di avere un debito con i russi per aver salvato il mondo dai nazisti. «Sono sempre stato un comunista», disse a un giornalista straniero. I media israeliani invece lo dipinsero sempre come un «mascalzone» e «spia contro il suo paese».

Accusa rivolta con ancora più forza a Mordechai Vanunu che invece non era una spia. Tecnico nucleare, Vanunu scattò foto e raccolse materiale sulla produzione di plutonio nella centrale di Dimona nel Neghev destinato ad assemblare ordigni atomici. Segreti che, dopo aver abbandonato Israele di cui contestava le politiche verso i palestinesi, rivelò nel 1986 al Sunday Times allo scopo di denunciare al mondo il possesso di bombe atomiche da parte di Israele (che non ammette e non smentisce di avere armi nucleari). Un passo che gli costò prima il rapimento – a Roma – da parte del Mossad e poi, una volta giunto in Israele, una condanna a 18 anni di carcere di cui 11 in isolamento totale. A Vanunu proibito lasciare Israele perché «detentore di informazioni vitali per la sicurezza del paese» che però sono vecchie di 40 anni.

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