Lavoro

Specializzandi, addio alla sanità pubblica. 6mila medici in fuga

Specializzandi, addio alla sanità pubblica. 6mila medici in fugaPronto Soccorso dell’Ospedale Martini di Torino – Ansa

Carenza di personale Il 60% dei posti per la formazione in pronto soccorso rimane deserto. Il 20% per i medici di terapia intensiva. Per colmare i «buchi» non basterà eliminare il numero chiuso o aumentare le borse di specializzazione

Pubblicato più di un anno faEdizione del 24 febbraio 2023

Sembra un fallimento lo sforzo dei passati governi per raddoppiare il numero delle borse di specializzazione al fine di formare più medici e far fronte alla carenza di personale. Nelle discipline in cui mancano i sanitari, infatti, moltissime borse bandite dal governo negli ultimi due concorsi annuali non sono state assegnate. In più, un’ulteriore percentuale di specializzandi ha abbandonato la scuola di specializzazione a favore di un’altra disciplina, una fuga che almeno tra gli iscritti del 2022 potrebbe non essere esaurita.

I dati sono stati raccolti dal sindacato dei medici ospedalieri Anaao-Assomed: globalmente, la percentuale di mancate assegnazioni e abbandoni è stata del 18%, pari a circa 5.700 borse su 30 mila bandite in due anni. I 24 mila specializzandi rimasti in corso nel biennio sono dunque inferiori al fabbisogno annuo che le regioni stimano a circa 14 mila specialisti.

Ma quel 18% di media nasconde differenze preoccupanti. In alcuni settori, come la chirurgia plastica, la dermatologia e la cardiologia, pressoché tutte le borse bandite sono state assegnate e utilizzate. In altri, invece, la situazione appare diversa. Ad esempio, nella specializzazione di medicina di emergenza e urgenza – cioè il pronto soccorso, dove gli ospedali faticano a coprire i turni e ricorrono maggiormente ai medici «a gettone» – su 1.884 borse bandite nel 2021-2022 ben 1.144 (il 60%) sono rimaste inutilizzate o sono state abbandonate in favore di discipline ritenute più attraenti. Mentre il fabbisogno annuo di «urgentisti» dichiarato dalle regioni è di circa 900 specialisti a livello nazionale, le scuole di specializzazione ne sforneranno 700, ma in due anni. La differenza tra domanda e offerta è dunque destinata ad aumentare, alimentando l’abuso dei «gettonisti» da ingaggiare a partita Iva o subappaltando interi reparti a cooperative private.

Alto il numero di borse andate perse anche nell’altro settore strategico, quello della rianimazione: 688 posti sono andati persi, ma quelli banditi sono stati 3.192. In due anni saranno dunque diplomati circa 2.500 medici di terapia intensiva, a fronte di un fabbisogno annuale di circa 1.500 specialisti. In fumo anche il 78% dei posti di formazione per microbiologi, il 70% per la patologia clinica, il 68% per la radioterapia. Pochissimi i futuri «medici di comunità», visto che su 190 borse bandite ben 109 (il 57%) sono rimaste senza titolare. Eppure, in vista delle 1.300 case di comunità da realizzare con il Pnrr, il servizio sanitario nazionale ne avrebbe gran bisogno.

Le statistiche dell’Anaao-Assomed mostrano una tendenza evidente. «Risulta una cospicua e pressoché completa adesione a quelle scuole di specialità in cui l’attività privata e ambulatoriale rientra tra gli sbocchi lavorativi – spiega il segretario del sindacato Pierino Di Silverio – mentre vengono abbandonate o neppure prese in considerazione quelle prettamente ospedaliere e pubbliche».

Non basta, dunque, eliminare il numero chiuso nelle facoltà di medicina – come ha promesso la ministra dell’università Anna Maria Bernini – o aumentare le borse di specializzazione, come hanno fatto i governi Conte e Draghi a partire dal 2020, per rafforzare la sanità italiana con nuovo personale. A allontanare i medici da alcuni reparti ospedalieri è la difficoltà di spendere le proprie competenze presso le cliniche e gli ambulatori privati, una fetta del sistema sanitario che vale 37 miliardi di spesa annua out-of-pocket. La conseguente carenza di medici peggiora il servizio, spinge l’utenza verso il privato rendendolo ancora più attrattivo per i medici, che abbandonano gli ospedali pubblici e lasciano ulteriori vuoti nel servizio.

Per provare a invertire la tendenza, nell’ultima finanziaria il governo ha stanziato 200 milioni di remunerazione extra per i medici di pronto soccorso. Ma difficilmente basteranno a spezzare questo circolo vizioso.

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