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Spagna, sciopero e blocchi stradali contro la violenza maschile

Spagna violenza di genere, Getty ImagesManifestazione contro la violenza di genere in Spagna – Getty Image

Violenza di genere Giovedì lo "sciopero generale femminista" è partito prima dell'alba con i blocchi stradali e i picchetti, per rimuovere i quali la polizia ha usato le maniere forti, identificando e denunciando decine di persone

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 2 dicembre 2023

In Spagna è allarme per l’aumento dei femminicidi. Manca ancora un mese alla fine dell’anno e le vittime della violenza di genere sono già 54, mentre nel 2022 le donne assassinate erano state 49. Dal 2003, cioè da quando in Spagna si tiene il conto, il bilancio sale a 1236. Tra il 25 e il 29 novembre ben quattro le vittime di cui una minorenne, uccisa dal padre con la madre Tatiana Beatriz a Madrid.

Tre di loro avevano già denunciato l’aggressore e chiesto aiuto alle istituzioni, che però non hanno saputo proteggerle. La nuova ministra dell’Uguaglianza, Ana Redondo, ammette le “falle nel sistema” e promette cambiamenti.

Un segnale importante è arrivato dalla Corte Suprema di Madrid, che ha confermato una sanzione comminata dall’Ospedale Universitario “Fundación de Alcorcón” al responsabile del Centro di Oncologia. Per anni l’uomo ha assediato una dipendente con “attenzioni non richieste”, telefonate, apprezzamenti, convocazioni ingiustificate, richieste di foto. Ribaltando la decisione di un tribunale, la Corte ha considerato colpevole di molestie sessuali il responsabile del centro anche in assenza di un contatto fisico o di un approccio sessuale esplicito. Secondo l’ultima indagine sulla violenza di genere coordinata da Eurostat, il 28,4% delle donne residenti in Spagna ha subito molestie sessuali sul posto di lavoro.

Le donne che lavorano sono state le protagoniste di una storica mobilitazione che, per quanto circoscritta al Paese Basco e alla Navarra, ha riempito le piazze «contro la femminizzazione e la precarizzazione del lavoro di cura».

Giovedì lo “sciopero generale femminista” è partito prima dell’alba con i blocchi stradali e i picchetti, per rimuovere i quali la polizia ha usato le maniere forti, identificando e denunciando decine di persone. A Gasteiz due donne sono state arrestate al presidio davanti all’ingresso della Michelin.

L’adesione allo sciopero è stata alta soprattutto nel settore pubblico e in particolare nella scuola (con una media del 70%) e nella Sanità, con alcuni ambulatori e reparti ospedalieri costretti a chiudere, ma anche nell’industria. Alla vigilia, l’adesione di centinaia di comitati di fabbrica e di impresa lasciava presagire che la mobilitazione non avrebbe avuto un carattere meramente simbolico, anche grazie al sostegno dalla “maggioranza sindacale basca”, formata dagli indipendentisti progressisti di ELA e LAB, dagli anarcosindacalisti della CGT e da sigle di sinistra come Steilas ed ESK.

Durante la giornata poi i cortei – all’insegna dello slogna «anche la precarietà è violenza» e dei fazzoletti arancioni indossati dalle manifestanti – hanno invaso a più riprese le vie delle città più grandi ma anche dei centri minori, un centinaio in totale. Al termine del corteo di Bilbao, il più imponente nonostante la pioggia torrenziale, la segretaria generale di LAB, Garbiñe Aranburu, ha ricordato gli obiettivi dello sciopero: «il lavoro di cura non deve essere esclusivo delle donne e deve diventare un obbligo per tutta la società e per le istituzioni».

Oltre a rivendicare un sistema di cura universale, pubblico e gratuito, sindacaliste e attiviste del movimento femminista hanno denunciato il far west che caratterizza l’impiego di colf e badanti, quasi sempre lavoratrici immigrate senza contratto e senza diritti.

Senza dimenticare che nella Comunità Autonoma Basca il lavoro domestico non remunerato rappresenta circa il 27% del Pil, e che il lavoro di cura viene sempre più delegato all’iniziativa privata (e quindi piegato al profitto, sulla pelle di lavoratrici e assistiti) a causa dei tagli al welfare.

Negli ultimi 10 anni, il movimento femminista ha imposto un cambiamento del discorso pubblico sulla violenza di genere, sulla divisione sessuale del lavoro e sul lavoro non retribuito. Dopo i primi scioperi parziali del 2018 e del 2019 la pandemia ha congelato le mobilitazioni, ma ha consentito di comprendere la centralità della battaglia per la socializzazione del lavoro di cura. Lo sciopero generale femminista è nato in un contesto basco in cui, negli ultimi anni, le donne rappresentano ormai il 56% dei lavoratori che scioperano e in un territorio che ha il record europeo delle astensioni dal lavoro.

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