Sorpresa: Fassina torna in corsa
Roma A tarda sera il verdetto del Consiglio di Stato capovolge quello del Tar. La data in cui sono state raccolte le firme sulla lista del candidato di sinistra è comunque desumibile. Partita riaperta. Secondo i giudici amministrativi, le regole per le candidature sono caratterizzate da «scarsa chiarezza». Per cui prevale il principio di favorire la partecipazione
Roma A tarda sera il verdetto del Consiglio di Stato capovolge quello del Tar. La data in cui sono state raccolte le firme sulla lista del candidato di sinistra è comunque desumibile. Partita riaperta. Secondo i giudici amministrativi, le regole per le candidature sono caratterizzate da «scarsa chiarezza». Per cui prevale il principio di favorire la partecipazione
«Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) (…) accoglie il ricorso proposto in primo grado e annulla (…) della Commissione Elettorale Circondariale di Roma e ammette la lista “Sinistra per Roma – Fassina Sindaco” alle elezioni comunali di Roma».
Un’attesa lunghissima, estenuante, un verdetto annunciato per il pomeriggio che arriva invece a tarda sera, dopo le 22. Ma è un colpo di scena, definirlo inaspettato è poco: Stefano Fassina è stato riammesso nella corsa. I giudici di Palazzo Spada ribaltano la decisione della commissione elettorale circoscrizionale e poi quella del Tar e accettano la tesi dell’avvocato Pietro Adami, il legale del comitato: e cioè che le firme comunque sono state raccolte entro 180 giorni previsti (e cioè dopo l’indizione delle elezioni) perché l’autenticatrice, la vicepresidente del IV muncipio di Roma Carla Corciulo, era stata nominata comunque il 28 dicembre 2015. «A fronte di tale scarsezza del quadro normativo deve essere valorizzato il principio del favor partecipationis», dicono i giudici. E anche su questo avevano insistito i legali di Fassina.
La sentenza viene accolta con l’ovvio entusiasmo dai militanti e dal candidato stesso. Che fino a un minuto prima stava già lavorando al ‘piano B’ e cioè come tenere insieme i suoi nonostante la mala sorte. Ora però ora dovrà correre ai ripari dopo un week end di litigi a sinistra. E la cosa incredibile è che a dar fuoco alle polveri era stato proprio lui, Fassina, che senza aspettare neanche le conclusioni dei giudici ha rilasciato un’intervista al Corriere della sera e una serie di dichiarazioni di fuoco al manifesto contro Sel, invocando un «chiarimento definitivo» in Sinistra italiana perché «non si può avviare una fase costituente quando nel nucleo fondativo ci sono prospettive opposte».
Attacchi presi malissimo dai suoi compagni di partito. In mattinata si era riunito il gruppo operativo di Si, cioè l’esecutivo provvisorio. C’è anche Fassina, raccoglie molte critiche. La versione dell’ex pd è «di essere stato lasciato solo». Ce l’ha con Sel, «tutti», dice, ma in particolare ce l’ha con l’area che non ha chiuso il dialogo con il Pd. C’è anche chi chiede di anticipare il congresso «per fare chiarezza». Ma non si può: fino al 20 giugno molti militanti saranno impegnati con i ballottaggi, poi inizierà – si spera – la campagna per il ’no’ al referendum costituzionale. Sarebbe bizzarro peraltro convocare un congresso prima dell’esito di un referendum che può cambiare i connotati a tutta la scena politica. È probabile però che a luglio si tenga un’assemblea dei comitati regionali.
Del resto la lettura «rottura o dialogo con Renzi» rischia di essere una semplificazione dei guai in cui si è cacciata questa sinistra. La parte di Sel ’sospettata’ di mantenere un rapporto con il Pd dice invece di puntare «alla sconfitta del renzismo» innanzitutto tramite referendum costituzionale. Ne ha discusso domenica a Roma nel corso della riunione del «documento dei cento» coordinati da Ciccio Ferrara.
Nell’incontro si sono registrati toni duri sulle ultime uscite di Fassina, «sbagliate nella forme, nel contenuto e nei tempi», dice un comunicato finale, «le amministrative, il governo delle nostre città sono passaggi fondamentali che poco c’entrano con la dinamica congressuale di Si». Le distanze sono nette, persino su come impostare le ostilità verso Renzi non sono d’accordo: «Nessuna ridotta minoritaria, nessun rancore, nessuna astratta unità di frammenti della sinistra radicale potranno mai contribuire alla sconfitta del partito della nazione». Quanto alla linea del nuovo soggetto, «la deciderà il congresso». I ’cento’ lamentano che Fassina, uscito dal Pd, non abbia colto l’occasione per «interloquire con il disagio del suo elettorato». E abbia condotto la sinistra romana verso «una semplificazione delle culture politiche che spostano il perimetro di Si verso esperienze minoritarie prive di radicamento».
Nei prossimi giorni sarà convocata la presidenza di Sel. Ma intanto già oggi Fassina riunirà i suoi 400 candidati. Nelle intenzioni c’era il lancio dell’associazione «Sinistra per Roma», nonostante le perplessità espresse ieri al comitato operativo. Ma la riammissione alla corsa potrebbe cambiare l’ordine del giorno e magari consigliare una riappacificazione con tutte le anime della sua lista, in vista del primo turno.
Al secondo, si vedrà. L’endorsement del leghista Salvini per Virginia Raggi ha gelato chi si stava orientando sui 5 Stelle. Nell’entourage di Fassina si fa avanti l’idea della scheda nulla o dell’astensione. Non è un mistero che altri si orienteranno, pubblicamente, verso il candidato Pd Giachetti. Certo è che Giachetti ha promesso di far sapere i nomi della sua (eventuale) giunta sabato prossimo, il 21 maggio. E comunque ci proverà: indicherà qualche nome che sia diretto interlocutore della sinistra sinistra, per attirare a sé quegli elettori.
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