Nulla lo smuove. Bezalel Smotrich continua a non allocare i finanziamenti ai municipi arabi in Israele e ai programmi educativi a Gerusalemme Est, la parte palestinese della città occupata da Israele nel 1967. Per il ministro delle finanze israeliano ed esponente di punta della destra estrema religiosa, il finanziamento delle autorità locali arabe sarebbe «una tangente» da pagare a Mansour Abbas, il leader del partito islamista Raam che ha fatto parte del governo precedente. Il vero motivo della sua intransigenza è ideologico. Qualcuno spiega che per il ministro, un pilastro della maggioranza al potere, Israele in quanto Stato sionista è stato creato ed esiste per privilegiare gli interessi e il benessere della maggioranza ebraica e non di tutti i suoi cittadini, a partire da quelli arabi (palestinesi) che pure sono il 21% della popolazione del paese. Smotrich, ha commentato il capo dell’opposizione Yair Lapid, «tratta male i cittadini arabi semplicemente perché sono arabi, è vergognoso che il razzismo sia diventato una politica ufficiale dello Stato di Israele». Smotrich in passato si è descritto come un «fascista» e un «omofobo» e ha negato l’esistenza del popolo palestinese.

La vicenda ha avuto inizio domenica quando il ministro dell’interno Moshe Arbel ha chiesto il rilascio di 315 milioni di shekel (circa 80 milioni di euro) precedentemente assegnati ai municipi arabi come parte di programmi di sviluppo. Lunedì Smotrich ha inviato una lunga risposta ad Arbel sostenendo che «si tratta di fondi politici». Secondo il ministro delle finanze «Non c’è giustificazione per concedere alle amministrazioni municipali arabe uno status speciale che i municipi ebraici più deboli non hanno». Affermazioni che non corrispondono alla realtà in cui le municipalità arabe sono storicamente sfavorite, da qui gli investimenti sollecitati da Mansour Abbas. Smotrich rifiuta anche di finanziare i programmi per l’istruzione superiore dei giovani palestinesi di Gerusalemme Est presso alcune istituzioni accademiche israeliane. Si tratta del più grande investimento pubblico israeliano a Gerusalemme Est dal 1967. Il giornale Haaretz scrive che il ministro ritiene la partecipazione dei palestinesi agli studi universitari un «favore all’estremismo» contro gli interessi israeliani. Neppure le critiche ricevute da esponenti della destra e dell’intelligence sono servite a far cambiare idea a Smotrich. Netanyahu ha scelto una via di mezzo: da un lato afferma che i cittadini arabi hanno diritto ai fondi e dall’altro vorrebbe assegnarli con una supervisione.

Proprio in questi giorni continua a raccogliere firme la lettera aperta internazionale che equipara l’occupazione israeliana dei Territori palestinesi all’apartheid, scritta su iniziativa di Omer Bartov, docente universitario ed esperto di Olocausto presso l’Università di Brown. Sono quasi 800 gli studiosi, accademici e personalità pubbliche che hanno già firmato il documento. Tra di essi diversi israeliani, incluso Benny Morris, storico di fama internazionale che pure negli anni passati si era avvicinato alla destra al punto da affermare in una intervista che sarebbe stato meglio espellere tutti i palestinesi durante la Nakba nel 1948. La lettera aperta collega i tentativi di Netanyahu di ristrutturare la giustizia in Israele con l’occupazione dei Territori palestinesi. «Lo scopo ultimo della riforma giudiziaria – si legge – è accrescere le restrizioni su Gaza, privare i palestinesi di pari diritti sia al di là della Linea Verde che al suo interno, annettere più terre (a Israele) e ripulire etnicamente tutti i territori sotto il dominio israeliano della popolazione palestinese». Israele, aggiungono i firmatari – tra i quali personalità ebraiche di spicco come Peter Beinart dell’Università di New York e Avrum Burg, ex speaker della Knesset e presidente dell’Agenzia ebraica – non può dichiararsi una vera democrazia mentre i palestinesi continuano a vivere in un sistema di apartheid.