Siversk aspetta insonne sulla collina: «Dove sono i russi?»
Reportage Nel cuore della guerra ucraina. La cittadina del Donbass obiettivo della più grande offensiva lanciata dalle truppe di Putin. La difficoltà restare umani mentre intorno cadono le bombe
Reportage Nel cuore della guerra ucraina. La cittadina del Donbass obiettivo della più grande offensiva lanciata dalle truppe di Putin. La difficoltà restare umani mentre intorno cadono le bombe
Sul biglietto c’è scritto così: «Natasha mia, mamma e papà stanno bene, non preoccuparti per noi, vivi e sii felice». Il biglietto ce l’ha consegnato Irina, con la preghiera di fotografarlo e inviarlo via WhatsApp a sua figlia che vive a Kiev. Sono mesi che Irina non può parlare con Natasha, perché Irina abita a Siversk, e a Siversk i telefoni hanno smesso di funzionare. Da settimane, questa sperduta cittadina ai confini nordorientali dell’Oblast’ di Donetsk è al centro della più grande offensiva russa nel cuore del Donbass.
A Siversk non c’è linea telefonica, non c’è acqua, non c’è gas e non c’è elettricità. Siversk è una città senza più sonno, perché il continuo martellare delle artiglierie rende impossibile qualsiasi riposo. A Siversk si vive nelle cantine, che in russo si chiamano podval. Ogni podval ospita venti o trenta persone, quasi tutte anziane e malate.
NON POTENDO COMUNICARE col mondo esterno, i civili di Siversk non hanno la benché minima idea di cosa stia accadendo intorno alla città e sopra le loro teste, e così, ogni volta che li incontri, la domanda che ti pongono è sempre la stessa: «Gdié ruskiye?», Dove sono i russi? Noi, che prima di partire abbiamo letto le ultime notizie su Twitter, proviamo ad aggiornarli nel nostro russo sgangherato. «Ruskiye Severodonetsk? – fanno loro sgranando gli occhi – Ruskiye Lyshichansk? Ruskiye Pryvillja?», Sono le battaglie di un mese fa, e sono state combattute a meno di quaranta chilometri da qui, ma a Siversk non ne è giunto neanche l’eco.
Del resto, i militari ucraini di stanza quaggiù provengono quasi tutti dall’ovest del Paese – il che implica che i rapporti con la popolazione locale, rigorosamente russofona, non siano sempre idilliaci. «Con noi i soldati non parlano mai – ci hanno raccontato alcuni civili -. Ci chiamano “separatisti” e dicono che siamo dalla parte di Putin. Ogni tanto arrivano qui con i loro carri armati, si piazzano tra le case, sparano e se ne vanno. Questo più o meno è tutto ciò che sappiamo».
CHE BUONA PARTE dei cittadini rimasti a Siversk patteggi per il Cremlino è d’altronde piuttosto palese. Molti lo fanno in modo aperto, anche di fronte a noi cronisti: «Naziukrop», dicono indicando i soldati. Secondo fonti militari ucraine, circa il 70% di coloro che hanno deciso di restare a vivere nei pressi del fronte non vedrebbe di cattivo occhio l’arrivo dei russi. Quanto ci sia di reale in questa statistica – e quanto invece sia dettato dalla tensione, dalla diffidenza reciproca e dalla paura – noi non lo sappiamo. Certo è che restare umani, a Siversk, è qualcosa di terribilmente difficile.
Vagando per le strade abbiamo osservato le stesse facce senza speranza che avevamo visto a Severodonetsk. Mentre le bombe cascavano tutto intorno a noi, un uomo sui sessant’anni, a petto nudo e con un occhio pesto, ci ha inseguito con una bottiglia di plastica offrendoci insistentemente della vodka. Pochi metri più in là, quello che doveva essere suo nipote camminava allo scoperto con in braccio un gattino. Entrambi sorridevano, ma di un sorriso imbambolato e quasi privo di vita. Così ci si riduce, dopo settimane di bombardamenti e di podval. D’altronde, qui come altrove, le truppe di Putin sembrano intenzionate a venire avanti ad ogni costo.
ALCUNI GIORNI FA l’agenzia moscovita Tass ha annunciato in pompa magna la «liberazione» di Siversk. Era una palese fake news, ma dietro di essa si celavano neanche troppo reconditamente le reali intenzioni del Cremlino: l’obiettivo è quello di chiudere la partita in tempi rapidi, costi quel che costi. Al momento le avanguardie russe si trovano nel villaggio di Verkhn’okam’yans’ke, sei chilometri a est di Siversk. Da lì le truppe scelte di Mosca hanno già lanciato numerosi attacchi in direzione della città. Ma il centro abitato sorge sul cucuzzolo di una collina, e prenderlo d’assalto con le fanterie non è certo cosa facile. Al contempo i russi si stanno muovendo anche da nord, dove negli scorsi giorni hanno occupato i paesi di Bilohorivka e Hryhorivka, al di qua del fiume Severskij Donec.
Ieri pomeriggio abbiamo osservato le artiglierie di Kiev bersagliare con insistenza le alture che sorgono a sud del corso d’acqua – il che farebbe supporre che i reparti avversari si stiano disimpegnando con agilità anche in quel settore. Quanto siano effettivamente vicini, tuttavia, è ben arduo a dirsi. «Il quadro qui attorno è in continua evoluzione – ci hanno spiegato i militari ucraini -. Ci sono attacchi e contrattacchi continui. Si combatte tanto con le artiglierie, è vero, ma si registrano anche molti scontri diretti, e sono tutti parecchio sanguinosi».
L’IMPRESSIONE GENERALE – corroborata da alcune indiscrezioni raccolte sul campo – è che i generali di Kiev puntino essenzialmente a guadagnare tempo. L’obiettivo è duplice: far stancare il nemico e costringerlo a concentrare nella zona di Siversk il maggior numero possibile di truppe. «Quando la pressione russa diventerà insostenibile, i nostri si ritireranno subito su una linea di difesa più arretrata», ci ha confidato ieri pomeriggio un ufficiale ucraino.
Ma d’altro canto l’unica strada che collega Siversk al resto del Donbass è anch’essa da giorni sotto assedio. Percorrerla risulta sempre più difficile e pericoloso, sia nel suo tratto iniziale che in quello terminale. Se i russi dovessero prenderla, per le migliaia di soldati di Zelensky rimasti imbottigliati nei pressi della città sarebbe la fine.
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