Siria e Hezbollah raccolgono i frutti della riconciliazione tra Teheran e Riyadh
Medio oriente La Siria pronta a beneficiare della distensione regionale e a rientrare nella Lega araba. Nasrallah abbasserà i toni anti-sauditi in cambio di un tacito riconoscimento dall’erede al trono Mohammed bin Salman.
Medio oriente La Siria pronta a beneficiare della distensione regionale e a rientrare nella Lega araba. Nasrallah abbasserà i toni anti-sauditi in cambio di un tacito riconoscimento dall’erede al trono Mohammed bin Salman.
Quanto avverrà sul terreno in Medio oriente nel prossimo futuro darà la misura della sostanza della ripresa delle relazioni tra l’Arabia saudita e l’Iran annunciata la scorsa settimana. Il fatto che i due paesi abbiano deciso, con la mediazione di Pechino, di ristabilire i rapporti diplomatici, non significa che tutti i problemi tra le parti, nemiche per anni, siano risolti. Lo ha puntualizzato ieri in un’intervista a Asharq al Awsat il ministro degli esteri saudita, Faisal bin Farhan al Saud. Un invito alla prudenza di fronte alle ampie differenze che Teheran e Riyadh dovranno provare ad accorciare nelle prossime settimane.
Nella regione però il solo annuncio fatto a Pechino ha avuto riflessi immediati in vari scenari. Uno di questi sarà discusso il 15 e 16 marzo a Mosca durante l’incontro sulla Siria a livello di viceministri degli esteri tra Turchia, Russia, Siria e anche l’Iran, per la normalizzazione delle relazioni tra Ankara e Damasco, avversarie irriducibili dall’inizio della guerra in Siria nel 2011. Non è un caso che sabato scorso il presidente tunisino Kais Saied abbia annunciato che invierà un ambasciatore in Siria per rinnovare le relazioni bilaterali. E qualche giorno fa da Riyadh hanno fatto sapere che l’isolamento della Siria non funziona e che il dialogo è necessario se si vuole affrontare la crisi dei rifugiati e altre preoccupazioni umanitarie causate dal recente terremoto. Nel frattempo, si sono «normalizzati» i rapporti tra Turchia e Arabia saudita e applausi all’annuncio in Cina sono giunti anche dalla Lega araba che si prepara a restituire alla Siria il suo seggio. Ed è di ieri l’indiscrezione che gli Emirati, alleati dell’Arabia saudita nella sanguinosa guerra in Yemen contro Ansarallah, sarebbero ora intenzionati a negoziare con i ribelli sciiti sostenuti dall’Iran. Un passo che valutano anche i sauditi.
Ricadute politiche rilevanti si attendono in Libano, alle prese con una terribile crisi economica e da oltre venti anni campo di battaglia tra i partiti legati a Teheran/Damasco (Fronte 8 Marzo) e quelli filoccidentali appoggiati da Riyadh/Washington (Fronte 14 Marzo). L’ambasciatore saudita a Beirut, Walid Boukhari, ha dichiarato che c’è «sicuramente» qualcosa di positivo per il Libano a seguito della distensione dei rapporti tra Iran e Arabia saudita. Parole che forse indicano una soluzione vicina per la nomina del nuovo presidente libanese congelata da ottobre a causa delle divisioni tra 8 Marzo e 14 Marzo. Ma ad attendere in Libano più di ogni altro partito o movimento i frutti di Pechino è Hassan Nasrallah, il segretario generale del movimento sciita Hezbollah. Nasrallah che in questi anni ha rivolto non pochi dei suoi discorsi infuocati all’Arabia saudita alleata degli Stati uniti e di Israele potrebbe ora abbassare i toni in cambio di un tacito riconoscimento dall’erede al trono Mohammed bin Salman.
In casa israeliana invece si litiga. Il premier Netanyahu e il suo predecessore Yair Lapid si accusano a vicenda di non aver agito in tempo per spingere i sauditi a firmare gli Accordi di Abramo e a non riconciliarsi con gli iraniani, come se avessero nelle loro mani il volante della politica estera di Riyadh. Sullo sfondo prosegue senza soste l’addestramento israelo-americano per un possibile attacco aereo alle centrali nucleari di Teheran.
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