Tornano in piazza unite Cgil, Cisl e Uil. Ma il prezzo dell’unità è una mobilitazione blanda, senza alcuno sciopero. Questa mattina a Bologna va in scena la prima delle tre manifestazioni interregionali decise dopo una lunghissima trattativa a inizio aprile. Alla fine l’ha spuntata la Cisl di Luigi Sbarra: niente scioperi, niente manifestazione nazionale e opposizione all’autonomia differenziata fuori dalla piattaforma di mobilitazione.

L’idea è quella di una mobilitazione lunga tre settimane che proseguirà anche dopo l’estate in vista della legge di Bilancio: lo strumento dentro il quale Cgil, Cisl e Uil si attendono di vedere accolte almeno in parte le richieste della piattaforma unitaria, a partire dall’aumento dei salari di fronte all’inflazione che erode il potere d’acquisto, una riforma fiscale che punti sulla progressività e senza flat tax, la difesa dei servizi pubblici a partire dalla sanità, la lotta alla precarietà, una vera modifica strutturale della riforma Fornero, la riduzione della precarietà e una serie battaglia per azzerare i morti sul lavoro.

Oggi dunque si parte con Bologna e la manifestazione del centro. Seguirà sabato prossimo a Milano per le regioni del nord e sabato 20 a Napoli per il sud. Appuntamento alle 9 in piazza XX settembre, da dove partirà un corteo che per le 10,30 sarà in piazza Maggiore. Lì dal palco si alterneranno gli interventi dei lavoratori, dei pensionati e dei segretari generali di Cgil, Cisl, Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra, Pier Paolo Bombardieri. La manifestazione di oggi, però, arriva dopo il decreto Lavoro, varato dal Consiglio dei ministri tenutosi scientemente nel giorno della festa dei lavoratori.

Un Primo Maggio scippato da Giorgia Meloni ai sindacati con un video fiction considerato da Cgil e Uil «una provocazione». Non però dalla Cisl che con Gigi Sbarra è stata pronta a dare un «giudizio positivo» sull’aumento del taglio del cuneo e lodare «il ripristino di un dialogo con il governo».

Proprio queste frasi rappresentano plasticamente la differenza di approccio fra le tre confederazioni, riproponendo la spaccatura già avvenuta negli ultimi due anni con lo sciopero generale di Cgil e Uil contro la legge di Bilancio di Draghi e a dicembre scorso con gli scioperi regionali contro la prima finanziaria del governo Meloni.

Probabile che oggi dal palco arrivi però una sorta di messaggio unificante anche perché nel frattempo dalle categorie sono stati fatti o programmati parecchi scioperi unitari: dagli edili per il rinnovo del contratto legno-arredo per arrivare a quello in Tim e WindTre nel settore delle Tlc che il 6 giugno registrerà uno sciopero generale, senza dimenticare quello nella compagnia aerea AirDolomiti, di proprietà della stessa Lufthansa che sta per prendersi la piccola Ita, ex Alitalia.

L’organizzazione della manifestazione è stata meticolosa e preceduta da settimane di assemblee unitarie sui posti di lavoro, nelle piazze con le associazioni del terzo settore e perfino nelle scuole. Assemblee che hanno mostrato l’insofferenza di lavoratori e pensionati davanti a una situazione mondiale in cui la guerra è una prospettiva a lungo termine e con il salario (e la pensione) si fa sempre più fatica ad arrivare a fine mese.

La partecipazione è attesa cospicua e sarà aiutata dall’attenzione mediatica che circonda il rinsaldarsi del rapporto fra sindacati confederali e politica, in primis con il nuovo Pd di Elly Schlein che mercoledì era con la Filcams Cgil e Landini a sbattezzare la Leopolda renziana. Assenza di Conte a parte, la piazza di oggi è anche un laboratorio di opposizione al governo Meloni, dal M5s all’Alleanza verdi sinistra (Avs).

Resta però l’abisso che separa quello che sta succedendo in Italia rispetto al resto d’Europa. Se è vero che qui da noi non è stata imposta di colpo una riforma delle pensioni come in Francia e che tutta una serie di micro interventi e una tantum hanno attutito gli effetti dell’inflazione, è altrettanto vero che in Germania, Portogallo e Inghilterra (solo per citare alcuni paesi europei) scioperi e mobilitazioni forti hanno prodotto rinnovi di contratti con duecento euro medi di incremento. Cifre ancora impensabili da queste parti. A meno che la lotta non si intensifichi.