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Presidente, lo ius soli si può approvare

Gentile Presidente Sergio Mattarella, sono al quarto giorno del mio sciopero della fame a sostegno della legge di riforma della cittadinanza. Insieme a me digiunano Elena Ferrara e Monica Cirinnà, […]

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 22 dicembre 2017

Gentile Presidente Sergio Mattarella,

sono al quarto giorno del mio sciopero della fame a sostegno della legge di riforma della cittadinanza. Insieme a me digiunano Elena Ferrara e Monica Cirinnà, Paolo Corsini e Silvio Lai, Walter Tocci e Sergio Lo Giudice; e tanti, tantissimi cittadini che, in queste ore, mi scrivono per aderire e solidarizzare.

Fisicamente sto abbastanza bene, anche se incomincio ad avvertire una certa debolezza: e, tuttavia, il sentimento in me prevalente è quello di un profondo rammarico. Innanzitutto perché è stata dissipata la preziosa occasione di compiere un atto di giustizia, riconoscendo a tanti minori “italiani senza cittadinanza” la piena titolarità di doveri e diritti. Ma non per questo intendo lasciarmi prendere da quello sconforto che produce solo frustrazione.

Due mesi fa lanciammo la campagna per lo Ius soli e culturae con uno slogan, Non è mai troppo tardi, che riecheggia le parole e l’attività di un grande maestro di scuola, Alberto Manzi. Ed è un richiamo quanto mai pertinente, quello a Manzi, perché – nel sostenere la riforma della cittadinanza – è stato cruciale il ruolo degli insegnanti. Ora provo a ripetermi: non è mai troppo tardi. E infatti, a tutt’oggi, la data delle prossime elezioni non è stata ancora fissata nonostante sia convinzione pressoché unanime che saremo chiamati al voto il prossimo 4 marzo. E questo imporrebbe che la legislatura si concludesse entro la prossima settimana.

Questo calendario è stato dato per scontato e le relative scadenze come inevitabili e irremovibili. E perché mai? La decisione di sciogliere le Camere e di indire nuove elezioni spetta esclusivamente al Capo dello Stato e lei, caro Presidente, non ha indicato ancora alcuna data. Dunque, sarebbe sufficiente posticipare di un paio di settimane gli adempimenti previsti e andare al voto, che so, il 18 marzo. In tal modo, si avrebbe tempo e agio per approvare in fine la riforma della cittadinanza. Invece, sembra proprio che non andrà così e che anche l’ultima opportunità offerta dal calendario verrà sprecata. A meno che lei, Presidente, non decida che la conclusione della legislatura avvenga dopo la prima settimana di gennaio e dopo l’approvazione di una legge che tanti ritengono non solo sacrosanta ma indispensabile.

Sarebbe una scelta felice, che, consentendo l’accesso alla cittadinanza ai tanti che hanno dimostrato di meritarlo, potrebbe costituire uno degli «anticorpi», da lei stesso evocati, capaci di contrastare quelle «manifestazioni di razzismo» oggi certamente in crescita (Sergio Mattarella 19 dicembre 2017). E proprio perché l’accesso alla cittadinanza, nel riconoscere diritti e doveri, «può favorire l’inclusione dei minori, la loro socializzazione e il loro inserimento all’interno di regole condivise». E può creare «un clima di reciproco rispetto» fino a rappresentare «un fondamentale contributo alla sicurezza collettiva». Queste affermazioni non provengono da un fervente missionario comboniano né da un allucinato militante altermondialista: le hanno scritte quattro ex ministri dell’Interno (Enzo Bianco, Beppe Pisanu, Rosa Russo Iervolino e Annamaria Cancellieri) che, di ordine pubblico e di sicurezza nazionale, un po’ dovrebbero intendersi.

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